Madagascar, missione Tarta Club Italia 2012

 

 

 


Partenza 5 marzo 2012, L'aereo arriva ad Antananarivo(chiamata Tana dai locali) con due ore di ritardo, cambio i primi euro con la moneta locale(Ariary)e prendo un taxi; quando arrivo d'avanti all'Hotel Shangai sono ormai le 3 di notte ed è tutto chiuso, nonostante mi avessero assicurato che c'era sempre qualcuno a ricevermi, ma questo è il Madagascar e sono costretto a cercare un altro hotel, sapendo che di notte Tana non è raccomandabile. Ovviamente il primo che trovo è molto caro ma non vale la pena di rischiare. Sveglia abbastanza presto e parto per l'ufficio del Durrell, dove la mattina trascorre veloce tra un pò di chiacchiere con il responsabile Richard e l'amico Lance, oltre a fare visita al mio Norbert 1017, l'Angonoka più grande al mondo, da me recuperata poco più di un anno e mezzo fà, che si trova ancora qui per finire la quarantena e fra pochi mesi sarà trasferita nel centro di riproduzione di Ampijoroa, dove il clima è un pò più idoneo a lei (o meglio "lui", visto che è un maschio). Ci sono anche diversi altri esemplari confiscati di diverse dimensioni, da piccolissime a sub-adulti e adulti, tutti molto belli. Al pomeriggio ho programmato un incontro con una ragazza malgascia che è specializzata nelle tartarughe ed impegnata in un progetto americano per la salvaguardia delle Astrochelys radiata, nel sud del paese. Riesco ad incontrarla e parliamo un pò dei suoi progetti; forse lei rimane un pò delusa in quanto io a nome dell'associazione non posso prendere impegni immediati, ma il mio intento era quello di verificare i suoi progetti ed in secondo momento analizzarli con il consiglio direttivo e prendere una decisone . Rimaniamo d'accordo che analizzeremo seriamente i progetti che ci invierà e se sarà possibile daremo un aiuto concreto. Il giorno 7 parto per Mahajanga, la città di riferimento per tutti i lavori che faremo. Avevo previsto di partire per il centro di Ampijoroa il lunedì 12, ma la ricerca dei materiali mancanti si è verificata complicata e lunga, quindi ho rinviato a mercoledì 14. Una settimana è volata via nella ricerca dei materiali, specialmente quelli da donare ai bambini di 3 scuole nel parco di Ankarafantsika; trovare 200 zaini per altrettanti bambini, si è rilevata una impresa ardua e sono dovuti arrivare da Tana. Difficile anche la ricerca di due grosse batterie da 200 Ampere che servono per alimentare il sistema di emergenza della nostra incubatrice ad Ampijoroa. L'importo recuperato per i bambini poveri, grazie alle donazioni dei soci ed amici, quest'anno è stato di 1600 euro, quindi con quello che è rimasto dall'acquisto degli zaini, ho acquistato tutto materiale scolastico da metterci dentro a ciascuno ed esattamente:

  • 1 quaderno grande
  • 8 quaderni piccoli
  • 2 quaderni piccoli ma con molte pagine
  • 1 Kit comprendente righello, 2 squadre, goniometro ecc.
  • 1 confezione di 12 matite colorate
  • 3 penne blu
  • 1 matita
  • 1 gomma
  • 1 temperino

poi ho acquistato anche 4 palloni da calcio e 4 da basket, che hanno ottenuto un grande successo.

A spese dell'associazione era previsto l'acquisto di 4 cucine solari a parabola di diametro 140cm, ma Ernest, il responsabile del centro di Ampijoroa mi aveva detto poco prima di fare una prova perchè la gente della foresta di Ankarafantsika é "dura" alle innovazioni e così ho deciso di acquistarne solo una da provare. Oltre a questa però ho acquistato anche 4 piccoli forni, di tre modelli, di cui 2 da utilizzare col carbone e due con piccoli pezzetti di legna; il vantaggio di questi è che quelli a carbone risparmiano il 50% del prodotto e quelli a legna ne usano una quantità irrisoria. Ovviamente tutto questo è nell'ottica di limitare la deforestazione e quindi ho pensato che qualche prova valeva la pena farla.

La mattina della partenza si rileva molto lenta, dalle 7,30 che giriamo per ritirare tutti i materiali già prenotati o pagati, solo dopo mezzogiorno riusciamo finalmente a prendere la strada nazionale 4 che ci porterà in foresta. Siamo carichi all'inverosimile e la temperatura è alta. Dopo poco più di due ore e mezza arriviamo a destinazione; il tempo di scaricare un pò di materiale, verificare alcuni lavori e programmare la giornata successiva che il pomeriggio è già quasi finito. Qui il sole alla sera se ne va presto, in quanto gli alti alberi anticipano di quasi un ora e mezza il tramonto; in pratica alle 17 la luce inizia già a calare vistosamente. In compenso alle 7 c'è già un bel sole e la mattina successiva ci dirigiamo verso la prima scuola. Il programma era quello di distribuire entro la mattinata tutto il materiale alle tre scuole, più la dimostrazione della cucina solare a parabola, nella scuola più grande (109 bambini). Arriviamo nella prima scuola, composta da due strutture fatiscenti, dove nell'aia centrale posizioniamo la parabola, attorniati da una marea di bambini festosi e sempre sorridenti; l'asta nel centro della parabola, che funge da sostegno per la pentola, essendo nuova e quindi appena verniciata, dal fortissimo calore inizia a fumare vistosamente e provoca immediatamente la curiosità di tutti, me compreso. Rimango stupito dalla temperatura al centro della parabola. Subito dopo una donna immette del riso con acqua dentro ad una pentola e la posiziona nella parabola. Devo dire che passano pochissimi minuti prima di vedere bollire l'acqua. Nel frattempo ci spostiamo sotto un grande albero e iniziamo ad aprire le tantissime scatole di cartone e ad aprire gli zaini; dopo di che iniziamo ad inserirci dentro i vari materiali. Nel frattempo l'allegria che ci attornia è impressionante e finalmente i primi 109 zainetti sono pronti ed i maestri iniziano a fare l'appello con relative consegne. L'esperienza di vedere i visi allegri dei tanti bambini è gratificante e toccante, specialmente sapendo che questi non hanno mai ricevuto un tale dono. Consegnati gli zaini, passiamo alla consegna dei gessi per la lavagna, bianchi e colorati, 4 palloni e scattiamo ancora un pò di foto, poi passiamo al rito dei ringraziamenti del capo villaggio che però ci parla anche della necessità di dover ricostruire una nuova scuola....... e così abbiamo già di cosa pensare fino al prossimo anno ! Nel frattempo la cucina solare sta lavorando a pieno ritmo, almeno 5 o 6 pentole hanno cotto il riso per altrettante famiglie che abitano a fianco della scuola e vedo che c'è un gran andare e vieni attorno ad essa; una cosa è certa, ha riscosso un gran successo! e senza usare neppure un pezzetto di carbone; è questa la cosa miracolosa per loro.

Partiamo dalla prima scuola ed è mezzogiorno passato; quindi sforati completamenti i tempi del programma, ma qui in Madagascar il tempo ha poco valore. Andiamo a mangiare qualcosa e decidiamo di preparare prima tutti gli zaini per anticipare i tempi, altrimenti rischiamo di non riuscire a finire nel pomeriggio. Poi ci avvisano che una delle due scuole mancanti non è raggiungibile per via della pioggia del giorno prima che ha distrutto il sentiero, quindi decidiamo che ci torneremo a fine aprile. Durante il viaggio per la seconda scuola, ecco un altro imprevisto, la macchina, un potente Pick-up, si insabbia e solo dopo diverso tempo e l'aiuto di molte persone accorse ad aiutare, riesce a procedere e portarci a destinazione. Con gli zaini già pronti, la distribuzione procede veloce, ma qui ci sono dei tempi da rispettare e non si può fare diversamente. Dopo i soliti ringraziamenti ed il discorso lunghissimo del capo del villaggio che ovviamente non capisco cosa dice, l'amico Ernest mi si avvicina sorridendo e mi dice che anche loro hanno necessità di rifare la scuola e mi invitano a visitarla. In effetti non avevo visto in che stato era, la parte dietro è quasi tutta crollata e dentro è veramente in condizioni pietose. Inoltre erano già venuti a conoscenza della nuova "strana macchina che cucina senza carbone" e anche loro sarebbero felici di riceverne in dono una. Li vicino al grande albero di mango, dove ci eravamo posizionati per godere della sua ombra e distribuire i doni, si vedeva una grande capanna anch'essa in cattivissime condizioni che mi aveva incuriosito e appena finite le consegne ho chiesto che cosa era, mi è stato risposto che è una chiesa e ancora usata. Immediatamente sono andato a fare una visita e un pò di foto; sono rimasto senza parole per lo stato in cui versava. Però non ho visto neppure una croce ne nell'interno ne in esterno e mi sono dimenticato di chiederlo, lo farò un'altra volta.

Al ritorno qui si usa che se si ha posto in macchina e sul cassone si da sempre un passaggio a qualcuno e così carichi più di prima partiamo per il ritorno, felici.

La luce ci permette di fare un piccolo lavoro (in programma) nei sistemi fotovoltaici e la giornata si svolge al termine; rimane solo da lavarci, pranzare nel piccolo ristorante lungo la strada e metterci a scrivere col Notebook la giornata trascorsa.

Venerdi 16 marzo, la giornata inizia presto, poco prima delle 7 sono già sul luogo dei lavori, ma mi rendo conto subito che lì i lavori sono iniziati almeno mezzora prima, con lo scavo necessario per installare un cavo elettrico che porterà la corrente a 220V dal locale batterie al boreau dove è alloggiata la nostra incubatrice. Questa alimentazione fungerà solo di riserva per quando ci sono mancanze di energia dalla linea principale che qui succede spesso. Il mio lavoro inizia con l'installazione del regolatore di carica ed il collegamento delle due nuove batterie.

Successivamente provo l'inverter ma non ne vuole sapere, è difettoso e quindi dovremo acquistarne uno nuovamente, ma ci accordiamo che l'acquisto, se pur a nostre spese, lo farà una ragazza dello staff che la prossima settimana si recherà in capitale, dove costa molto meno. Installo poi un sistema che fa in modo di commutare automaticamente fra le due alimentazioni(quella del villaggio e la nostra coi pannelli fotovoltaici), permettendo di alimentare sempre l'incubatrice. Passo poi a cablare il nuovo sistema elettronico che andrà installato più avanti nel parco di Soalala, verificando la funzionalità con quello già in uso nel centro di Ampijoroa. Una piccola sosta, invitato da Ernest a pranzare con la sua famiglia, poi si ricominciano i lavori di rifinitura con la preparazione dello schiuditoio e la prova delle uova attualmente dentro l'incubatrice, con il nuovo strumento che verifica il battito dentro le uova ; purtroppo nessuna delle uova rileva battiti cardiaci, ancora nessuno conosce il tempo di sviluppo di questa rarissima specie e tutto è da scoprire. Consiglio ad Ernest di provare il battito ogni 10 giorni per iniziare a conoscere questa nuova cosa. Nel frattempo sono un pò perplesso sui modelli di contenitori interni che ha deciso di utilizzare il Durrell, sicuramente troppo grandi e sono tenuti con il coperchio chiuso, sicuramente ci sarà l'umidità costante e circolerà pochissimo ossigeno, ma noi più di dare consigli non possiamo, quest'anno le decisioni dei vari parametri l'ha presa un team di esperti del Durrell; anche se ho un pò di dubbi, vedremo alla fine di trarre le dovute conclusioni.

Nel frattempo faccio scavare una buca di profondità almeno 1 metro, per verificare la temperatura, mi serve per il nuovo progetto di una incubatrice a raffreddamento ad acqua, tentativo per cercare di limitare fortemente il consumo di energia. Il nuovo progetto prevede la dissipazione della temperatura tramite un radiatore ad acqua, alimentato da una pompa esterna che pesca acqua da un contenitore; se l'acqua nell'ambiente esterno non è sufficiente per abbassare la temperatura fino al valore desiderato, l'idea è quella di far circolare l'acqua in profondità nel terreno, ma queste sono tutte prove da effettuare. Il tutto poi sarà comandato da una nuova centralina che può impostare 24 ore giornaliere e ben 4 programmi per simulare 4 diverse stagioni o parti di stagioni. Il programma comanda sia il riscaldamento che il raffreddamento, più l'umidità. Tutte le impostazioni di temperature e umidità saranno rilevate nel parco di Soalala, a partire dal mese di maggio quando porterò lì 6 strumenti per analizzare i parametri di 6 postazioni dove vivono in natura le Astrochelys yniphora. Finiti tutti i lavori, finalmente ho a disposizione un pò di tempo per scattare un pò di foto alle Angonoka e sopratutto diversi video bellissimi con situazioni nuove, ad esempio la somministrazione di vermifugo a degli esemplari sub-adulti , le prime 7 baby nate dentro la nostra incubatrice nel 2011, dove si nota già la maggiore dimensione rispetto a quelle nate in terra sempre nello stesso anno. Ernest mi conferma che godono di ottima salute e sono molto vivaci. Poi faccio qualche video a due sub-adulte intente a sgranocchiarsi una povera pianta di Opuntia.

Ci scambiamo un pò di foto e la giornata di lavoro è finita e anche i lavori al centro di Ampijoroa, la mattina successiva l'appuntamento è per le 6,00 per la partenza verso Mahajanga, dove Ernest deve andare a prelevare Richard, il responsabile Durrell di tutti i progetti in Madagascar, proveniente da Soalala dove è stato a verificare lo stato di avanzamento dei nuovi lavori, sopratutto il nuovo recinto di pre-rilascio, dove io successivamente dovrò installare il nuovo sistema di allarme. In attesa che finiscano le piogge dovrò preparare un bel pò di materiali e programmare minuziosamente la spedizione che prevede 4 ore di barca veloce, più diverse ore di marcia dentro la foresta e qui se manca anche una semplice sciocchezza come una vite o similare, tutto salta. Nel frattempo ci prendiamo anche un pò tempo per un pò di riposo e rimettiamo in ordine le idee per il nuovo lavoro.

Le notizie che ci arrivano dei lavori nel parco di Soalala sono poco confortanti, in pratica sono fermi, quindi mi rilasso e mi godo il mio Madagascar, progettando una visita a nord, nella città di Diego-Suarez, soprattutto per cercare un po’ di vento che a Mahajanga proprio non voleva arrivare, per praticare la mia nuova passione: il Kitesurf. Il viaggio è stato tosto, 900 Km in bus, stretti come sardine e carichi come somari, per di più nel portapacchi abbiamo caricato un quad,

indispensabile per le piste che dalla città portano alle spiagge più belle. Oltre 24 ore di viaggio 

e subito a capofitto sulle stupende baie di Sakalava

e del Mer d’Emeroud,

accompagnato da un amico italiano conosciuto a Majanga nel 2009 che ha fatto un corso Kite mentre io mi sfogavo sulle acque cristalline ed i fortissimi venti provenienti dall’oceano indiano.



Purtroppo l’idea di portarmi dietro il notebook per continuare a tenere esercizio alle funzioni dell’associazione (quasi tutte le sere mi collegavo in un internet point col wireless) si è rilevata negativa…….. un giorno, il personale dell’albergo mi ha rubato il notebook e accessori, con la conseguente perdita di tutte le foto e video, fatti fino a quel momento. Per questo, nell’articolo, le foto sono inserite solo dal viaggio a Diego-Suarez……….

A Diego abbiamo trovato due ragazzi italiani che per vari motivi avevano deciso di cambiare radicalmente vita e avevano aperto una scuola Kite in loco, i quali oltre a fare il corso al mio amico, ci hanno aiutato in tante cose. Un giorno ci hanno portato in una nuova baia che anche loro non conoscevano,

per sperimentare nuovi luoghi e con grande sorpresa ho scoperto una sorta di cimitero delle tartarughe marine,

con centinaia di carcasse sparse su scogli, mangrovie e anche sugli isolotti che proteggono la baia. Non sappiamo perché sono tutte li, sono tutti gusci molto simili di dimensioni, sicuramente adulti e fa un certo effetto vedere i tanti crani bianchi sparsi ovunque. Abbiamo assistito anche ad un incontro di box malgascia,

solitamente riservata solo ai locali, molto violenta e praticata anche dai bambini dai 10 anni in su; è stato uno spettacolo molto “colorito” con la presenza di un folto pubblico locale, forse un po’ troppo allegro e agitato per via delle troppe bottiglie di rum che si scolavano e i combattimenti violentissimi, senza guantoni e senza regole, pur brevi, scaturivano forte adrenalina nel pubblico, anche aiutato dalla droga leggera che quasi tutti masticano (sono foglie che masticano fino ad ottenere una grossa palla che deforma letteralmente la mandibola). L’entrata allo spettacolo è riservata solo ai locali ma pagando e conoscendo un ragazzo che fungeva da giudice siamo riusciti ad entrare fra gli occhi stupiti dei altri spettatori; qui nessuno paga perché poi il tutto si basa sulle scommesse. Nota simpatica è data da un lemure che continuava a saltellare tranquillamente nella zona dello spettacolo; era addomesticato ed ogni tanto ritornava dal suo padrone. Il viaggio di ritorno è stato un incubo, ad un certo punto, a circa 160 Km dall’arrivo, ci hanno scaricati e abbandonati in un villaggio con la promessa che da lì a poco sarebbe arrivato un altro bus e ci avrebbe portati a destinazione…. Dopo 10 ore di attesa, abbiamo dovuto caricare tutto su un camion di fortuna, pieno di riso, pagare nuovamente e dopo un viaggio ad una velocità da lumaca, arrivare a notte fonda a destinazione.

Nel frattempo la strada per il terzo villaggio dove andare a consegnare i doni ai bambini della scuola non era ancora percorribile, passavano solo i carri trainati dagli zebù e neppure da Soalala arrivavano buone notizie. Nel frattempo sono inviato a partecipare ad un safari molto riservato,

che ha come meta finale Soalala (forse era distino che ci andassi anche quest’anno), zona molto difficile da arrivare, specialmente quando ancora le piogge in quella zona sono appena finite. Il percorso è di soli 140km ma solo potenti fuoristrada e guide molto esperte possono permettersi fare un tale percorso. Mi dicono che quest’anno ancora nessuno è riuscito ad aprire la pista e il risultato non era affatto contato, infatti lungo il percorso per almeno 30 volte abbiamo utilizzato gli argani per togliere uno dei 3 mezzi dall’acqua e fango. La spedizione comprendeva 3 auto e 3 moto da cross, con un totale di 16 persone. Partenza alle 5 di mattina e arrivo alle ore 23,30 a Soalala dove ci attendeva un traghetto che ci porterà dall’altra parte della baia, direttamente alla fabbrica di crevettes (gamberi) dove il proprietario che faceva parte della spedizione ci ha ospitati in meravigliosi bungalow e riempiti fino all’inverosimile di cibi a base di gamberi e tante altre squisitezze. La fabbrica ha ben 800 operai ed ha una estensione inimmaginabile di bacini d’acqua dove si allevano i gustosi gamberi che poi vengono quasi tutti spediti in Europa. Ovviamente di tartarughe in questo tour nemmeno l’ombra, ma la bellezza dei luoghi ne vale veramente la pena; qui infatti sono rarissimi i turisti che hanno avuto la fortuna di passarci, sembra di essere fuori dal mondo. Al terzo giorno ci prepariamo per il ritorno mentre la famiglia del proprietario della fabbrica ritorna con la sua famiglia in città con l’aereo privato, ma non prima di essere soccorso da noi perché il piccolo aereo, durante le fasi di partenza, nella pista privata, era incappato in un termitaio che ha bloccato la ruota d’avanti e si è reso indispensabile l’utilizzo ancora una volta dell’argano. Esperienza durissima ma irripetibile. Solo a inizio luglio decidiamo di partire per il parco di Ankarafantsika, con altre 3 cucine solari

e per ultimare la consegna dei doni ai bambini della terza scuola. Visto che ormai era chiaro che il lavoro a Soalala era da rinviare, decido di portare tutto il materiale dentro ad una grossa valigia, al parco di Ankarafantsika , dove lo terranno in custodia fino alla prossima missione 2013. Decido come prima operazione di consegnare le 3 cucine solari, anche per liberarci il cassone del pick-up, partendo da un piccolo villaggio nei pressi di Ampijoroa,

dove la gente ci attendeva con grande interesse, erano già a conoscenza di come lavorava la cucina, in foresta le notizie circolano in fretta. La seconda la installiamo a fianco della scuola dove l’anno precedente effettuammo la nostra prima donazione

e quindi mi conoscevano già; io stesso ho riconosciuto molti visi degli adulti. Ogni donazione come al solito comporta un tempo molto lungo per via dei rituali di ringraziamento e i piani saltano sempre, ma l’atmosfera è talmente rilassante e tranquilla che ti fa rendere tutto armonioso, poi ormai sono abituato a tutto questo. In questa ultima scuola, scopro una cosa che l’anno precedente non mi ero accorto; un laboratorio artigianale della lavorazione della raffia, con diversi telai e diverse donne che ci lavorano, molto bello da vedere. Qui mi ha incuriosito l’età di alcune lavoratrici,

veramente molto vecchie ma ancora abilissime a intrecciare questi fili di raffia e ovviamente molto orgogliose di farsi vedere al lavoro. La terza cucina solare decido di donarla ad Ernest e le famiglie adiacenti al centro di recupero,

dove all’entrata ci sono delle statue molto belle raffiguranti dei volti,

scolpiti su dei tronchi di palissandro, proprio in memoria della foresta di Ankarafantsika che una volta era ricca di questa varietà di piante mentre ora ce ne sono rimaste ben poche, con la speranza che questo aiuti la tanta gente che pass lì a visitare il parco, a comprendere il problema del disboscamento delle foreste. Il giorno successivo carichiamo i sacchi pieni degli zainetti, già riempiti di quaderni ed accessori e partiamo per l’ultima scuola, inoltrandoci in un sentiero all’interno della foresta. Dopo diversi chilometri la foresta inizia a diradarsi e iniziano a vedersi delle coltivazioni di limoni(una delle poche coltivazioni in questa zona), ma la strada non è certo bella, fino a entrare in una sorta di grande canale con pareti di roccia altissima, friabile e di colore rosso. E’ evidente che il canale è stato scavato dall’erosione dell’acqua e quando è la stagione delle piogge nessuno riesce a passare di lì. Di lì a poco il pur potente pick-up deve arrendersi e attendere l’aiuto di una squadra di magri ragazzi locali che con le loro caratteristiche vanghe, riescono a spianare alcuni punti della strada e farci proseguire fino alla scuola.

La scuola si trova in un grande spiazzale, è di recente costruzione e sembra ben solida, ma sembra abbandonata e poco dopo mi spigano che da oltre due mesi è chiusa per via dello sciopero degli insegnanti statali che protestano per il bassissimo salario (circa 22 euro al mese). Le uniche scuole aperte in tutto il paese sono quelle private, ma ben pochi sono i privilegiati in questo pur meraviglioso paese. Una breve attesa e alla spicciolata iniziano ad arrivare i primi bambini, avvisati al momento;

infatti Ernest mi aveva detto che non era stato possibile avvisare gli abitanti e che probabilmente con tutti gli adulti al lavoro nei campi, sarebbe stato difficile riuscire a radunare tutti i bambini nella scuola, ma l’idea di rinunciare alla consegna non mi piaceva affatto e ho insistito per procedere comunque. Nel frattempo gli adulti arrivati aprono l’aula più grande e si mettono a pulirla facendo un polverone incredibile; dentro c’era una puzza esagerata di guano di pipistrelli e un dito di polvere su tutti i banchi e sedie. Tutti collaborano con un’aria di allegria e quando l’aula ha un aspetto di decenza tutti iniziano ad entrare e diligentemente si siedono, dando precedenza ai bambini; dopo di chè portiamo dentro i due grandi sacchi con gli ultimi 46 zaini pieni di materiali e gli ultimi 2 palloni. Un anziano arriva con l’elenco degli alunni, classe per classe e inizia a parlare, dopo poco iniziamo la distribuzione;

mancano solo 4 bambini su 46 ma ci sono dei parenti che ritirano i corrispettivi doni. Nel frattempo quasi tutto il villaggio è arrivato a vedere cosa succede e la gente si accalca sulla finestra e sulla porta, ma in rispettoso silenzio. Pian piano procediamo alla consegna e dopo i soliti rituali di ringraziamento ci avviamo sulla via del ritorno, però questa volta il pick-up, avendo il cassone vuoto è assalito da ragazzi con le loro vanghe che chiedevano un passaggio. La mattina seguente, prima della partenza per il ritorno in città, verifico lo stato di avanzamento dei lavori al centro di recupero per quello che riguarda la nuova recinzione per la quarantena,

dove l’anno prossimo dovrò installare il sistema di sicurezza; è quasi pronto e quindi prendo tutte le misure per cavi, sensori, canaline e quant’altro per l’installazione futura.

Ernest mi dice che ha eseguito regolarmente la verifica dei battiti del cuore dentro alle uova e solo verso i due mesi ha iniziato a percepire qualcosa. Purtroppo i fori sulle scatole di plastica non erano ancora stati fatti e sono molto preoccupato per questo e ho insistito per avvisare i responsabili in capitale.

Quest’anno le uova inserite in incubatrice sono 29 e quelle lasciate in esterno sono 32; in pratica si è proceduto a inserire un nido ogni due in incubatrice, questo per verificarne l’efficacia, sperando che la mancanza dei fori nei contenitori non renda vano questa prova. All’arrivo in città ho scritto subito ai responsabili insistendo sull’importanza dei fori e di conseguenza per l’ossigeno. Per fortuna che la mia imposizione per verificare lo stato dei battiti del cuore ogni 15 giorni avrà almeno dato un po’ più di ossigeno alle uova(meglio di niente).

Un giorno il figlio del proprietario dell’albergo dove risiedo, mi telefona dicendomi che ha un regalo per me; era una bellissima Pixys aracnoides aracnoides(foto40), colorata con un pennarello nelle intersezioni degli scuti da qualcuno, ma sembrava ben sana. Non sapendo come poterla riportare nei suoi luoghi di distribuzione(sud-ovest), decido di lasciarla provvisoriamente insieme alle altre Astrochelys radiata che sono in un piccolo recinto dell’albergo. Qui gli alberghi o i privati che hanno un giardino, quasi tutti hanno all’interno delle tartarughe, quasi sempre A. radiata

o qualche Pyxys, un po’ come da noi le Testudo hermanni. Spesso nelle mie visite a conoscenti o amici ho visto bellissime A. radiata e tanti altri animali come lemuri,

serpenti di tutti i tipi, coccodrilli, ricci,

insetti,

uccelli e tantissimi camaleonti

che quando vedevo nelle strade mi fermavo per posizionarli nel verde dei bordi, questo perché sapevo che per i malgasci i camaleonti portano sfortuna e cercano di schiacciarli con le ruote…… Ho anche visto una Astrochelys radiata in cattività, che deponeva le uova.

Il periodo alla fine della stagione delle piogge è veramente uno spettacolo di verde e fioriture ; le fioriture dei Pachypodium poi sono incredibili

e si trova tanta frutta gustosissima.



Alcune foto di vita malgascia



Nel frattempo in città ho conosciuto diversi italiani e sono nate alcune importanti amicizie che mi hanno aiutato a trascorrere ancora meglio il soggiorno; due note negative, una che così parlavamo sempre in italiano e ho migliorato poco la mia conoscenza della lingua francese e l’altra che quasi tutti i giorni ci si incontrava per abbuffate esagerate, ma si può sopravvivere lo stesso……..

L’ultima settimana si spargono voci che ci sono delle Angonoka in città, in vendita e riesco a vedere una baby ma non riesco a bloccare la donna che la cercava di vendere. Il penultimo giorno riesco ad ottenere un contatto ed un appuntamento con un bracconiere al quale mi preparo ad attenderlo con la polizia nascosta, ma qualcosa va storto e non si fa vivo nessuno……. Peccato!

La missione 2012 è ormai finita e si ritorna a casa, ma questa lunga permanenza rende difficile staccarsi da questa meravigliosa terra sempre piena di sorprese.

Arrivederci al 2013 !

Agostino Montalti.

 

 

 

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