Come tutti sappiamo, le nostre tartarughe sono tutelate da una normativa internazionale molto complessa e severa che mira a salvaguardare un patrimonio di inestimabile valore che, per la sua bellezza ed unicità, deve essere preservato per le future generazioni.
Purtroppo nel nostro paese, a causa dello scarso interesse generale e della cattiva informazione, la materia è rimasta vittima di leggi mal formulate ed interpretazioni selvagge, divulgate a macchia di leopardo sul territorio tramite discutibili circolari pensate da politici e funzionari dello stato che, evidentemente, avevano a cuore interessi molto diversi dalla tutela del patrimonio naturale.
È proprio a causa di queste interpretazioni bizzarre che, sovente, normali cittadini, ben lungi dall’essere dei criminali, si trovano coinvolti in operazioni di sequestro, intercettazioni telefoniche, a pagare ingenti multe, o addirittura imputati in procedimenti penali, ed altre “angherie”, che fino a pochi anni fa si sentivano solo riferiti a mafiosi o altri temuti delinquenti. … Tutto questo perché? - Perché si è venduto un neonato di testudo hermanni …..!!!!! oppure, perché si è portata una tartaruga alla fiera di Cesena senza ottenere il “permesso di spostamento” ?? – Vi sembra questa la volontà di un legislatore internazionale che aveva il nobile intento di evitare l’estinzione delle tartarughe?
Certo che no,…. ed è proprio per questa dissennata applicazione delle leggi che bisogna combattere, affidando le nostre iniziative e le nostre difese ad esperti avvocati che conoscono le problematiche e che siano in grado di fare comprendere alla magistratura (l’unico organo deputato all’interpretazione delle leggi) quale sia il vero significato e la ratio della Convenzione di Washington che, se da una parte, mira ad impedire il commercio di animali selvatici, dall’altra, ha voluto salvaguardare gli scambi tra privati ed associazioni scientifiche, … forse l’unico vero mezzo con cui si può veramente combattere l’indiscriminato commercio illegale.
L’unico modo per correggere le leggi fatte male è: l’interpretazione giurisprudenziale, quindi, il futuro del nostro hobby dipende dai processi che subiamo “oggi” ed è per questo che non prossimo lasciare il destino dei nostri animali nelle mani di chi non ne sa nulla, di chi non conosce i veri problemi degli allevatori e di chi sottovaluta gli effetti devastanti che possono avere sull’interpretazione delle norme: ..il pagare multe ingiuste, …l’accettare decreti penali di condanna, prescrizioni o un patteggiamenti (strade semplici che l’ordinamento offre per evitare difficili e costosi processi, in cambio di uno sconto di pena) senza aver mai acquistato in animale al mercato illegale o aver mai prelevato animali in natura.
Il Tarta Club Italia consiglia i seguenti studi legali che, per la loro esperienza e contestuale vicinanza al mondo degli allevatori, si sono distinti per aver ottenuto numerosi successi ponendo le basi per un’interpretazione più razionale delle norme che riguardano le nostre Tartarughe:
Articolo Agosto 2015, Avv. Pietro Campanini
Cari associati e cari lettori, mi permetto di segnalare una nuova sentenza emessa dal Tribunale di Roma, non oggetto di impugnazione, pertanto divenuta definitiva. La particolarità della stessa è: che viene finalmente sancito un principio che il Tarta Club Italia ha sempre ribadito con forza fin dalle prime applicazioni delle restrittive interpretazioni fornite dall’ufficio centrale CITES, ossia che: “nell’ambito di una cessione di esemplari di allegato A, la richiesta di un rimborso spese non costituisce reato”. È l’applicazione di un principio di logica e di buon senso che fino ad oggi non aveva trovato cittadinanza nel variopinto panorama di attuazione della legge 150/92. In buona sostanza la causa aveva avuto inizio allorquando un allevatore, trovandosi nella difficoltà di allocare le proprie neonate, aveva pubblicato annunci on line, chiedendo un rimborso spese da 60 a 80 € per la richiesta dei relativi certificati di spostamento (i quali, non richiedono alcuna prova di discendenza, quindi rilasciati senza particolari formalità). La battaglia è stata portata avanti dai funzionari dell’ufficio centrale CITES i quali hanno sostenuto fino all’ultimo che, anche il pagamento di un solo centesimo, avrebbe configurato il reato. La sentenza 1843/15 del Tribunale di Roma chiarisce bene che il rimborso delle spese burocratiche (la sentenza parla di € 60, ma in realtà, in atti, vi era la prova di € 80) per l’emissione dei certificati di spostamento non integra il reato di cui all’art. 1 L. 150/92 in quanto è escluso lo scopo commerciale. Dalla sentenza peraltro si ricava un altro principio, ossia, che non è vietato porre annunci e pubblicizzare in qualche modo la disponibilità a cedere animali, il ché a mio avviso, è estensibile anche a chi, partecipando ad una fiera, decida di cedere il prodotto del proprio allevamento amatoriale. Naturalmente, anche in questo caso, una volta trovato il possibile cessionario, occorrerà fare la richiesta di spostamento secondo il normale iter. Oltre a questa interessante sentenza, al fine di chiarire alcuni dubbi sollevati dalla presidenza del Tarta Club Italia, segnalo il seguente arresto della Cassazione Penale Sez. III, Sent., 01.10.2013 n. 40591 secondo il quale l’importazione di esemplari ad uso personale senza alcun certificato CITES comporta una violazione di carattere meramente amministrativo e non penale. In particolare nella sentenza impugnata viene evidenziata una distinzione tra "esemplari" (per i quali vige un sistema vigilato di circolazione) e "parti, prodotti o derivati delle specie previste negli appositi allegati da A a D" (per i quali il regime limitativo non trova applicazione). Secondo l'interpretazione fornita dall’autorevole Collegio, tale regime di circolazione vigilata per gli esemplari, trova una specifica deroga quando si tratti di esemplare destinato ad un uso soltanto domestico, ove il regime derogatorio troverebbe applicazione tout court. Letteralmente la citata sentenza esprime il seguente concetto: "L'importazione di animali appartenenti a specie protette è vietata quando venga posta in essere in violazione delle formalità previste dalla normativa internazionale ed interna. Essa è tuttavia consentita in casi eccezionali, rientranti tra quelli catalogati come "deroghe". Tra queste vanno annoverate le importazioni di esemplari per uso personale o domestico e tutti i casi di transito o trasbordo, quando gli animali siano sotto i controlli doganali". (Nella specie la Corte ha osservato che non era stata presa in considerazione l'esistenza delle deroghe, come evidenziato dal ricorrente, il quale assumeva la regolarità dell'importazione di esemplare destinato ad uso personale o domestico mancando la finalità della commercializzazione). Secondo la Cassazione la deroga al regime sanzionatorio per gli esemplari ad uso personale discende dall’art. 7 L. 150/92, il quale richiama il regolamento n. 338/97 e sue successive modifiche, secondo il quale il regime derogatorio non prevede distinzioni tra esemplari e oggetti per uso domestico e che dunque determina la piena legittimità di una importazione per fini soltanto personali di esemplari non destinati alla commercializzazione, così “lasciando intendere come il discrimen, ai fini della punibilità, debba essere individuato non tanto nella distinzione tra esemplari e parti o prodotti derivati, quanto nella finalità cui è destinata l'importazione o detenzione dell'esemplare” (corsivo è tratto letteralmente dalla citata sentenza). Se pertanto non è richiesto alcun CITES per chi importa ad uso personale esemplari di specie protetta (salvo che non abbia violato norme dello stato esportatore), a maggior ragione non potrà essere sanzionato chi detiene una tartaruga senza alcun certificato CITES, purché si tratti di uso personale e domestico (senza vendita o spostamenti) – resta fermo l’obbligo di dimostrare l’origine legale, naturalmente!!. Questa sentenza va nello stesso senso del precedente provvedimento del GIP di Reggio Emilia del 17/02/2013 già oggetto di un mio precedente articolo e di animate discussioni sul forum.
Parma, 31/08/15
Avv. Pietro Campanini