Domenica, 11 Ottobre 2020 18:52

Testudo graeca

Testudo graeca (Linnaeus, 1758)

Testuggine moresca, Testuggine greca - Spur-thighed Tortoise, Greek Tortoise 

 

 

CLASSIFICAZIONE

Ordine = Testudines

Sottordine = Cryptodira

Famiglia = Testudinidae

Genere = Testudo

Specie: Testudo graeca

Sottospecie: 

T. g. graeca, T. g. cyrenaica, T. g. marokkensis, T. g. nabeulensis, T. g. whitei (gruppo africano)

T. g. armeniaca, T. g. buxtoni, T. g. ibera, T. g. terrestris, T. g. zarudnyi (gruppo euroasiatico).

NOTE TASSONOMICHE

Da un punto di vista morfologico questa specie è molto variabile, e ciò ha portato negli anni alla descrizione di innumerevoli sottospecie, ma grazie a più recenti indagini genetiche c’è stata una riduzione del numero, in quanto quelle che all’apparenza potevano sembrare diverse sottospecie, in realtà sono sinonimi di altre, al limite da trattare come varianti geografiche. Tra i sinonimi più comuni si ricordano “T. g. anamurensis, T. g. antakyensis e T. g. floweri” = T. g. terrestris; T. g. nikolskii = T. g. ibera; T. g. perses = T. g. buxtoni. Non sempre morfologia e genetica vanno di pari passo, è possibile che due popolazioni della stessa sottospecie possano presentarsi con caratteristiche fisiche differenti, o al contrario due esemplari in apparenza indistinguibili possano appartenere geneticamente a due distinte sottospecie. Un caso significativo è rappresentato da T. g. anamurensis,seppur da ricondurre alla sottospecie T. g. terrestris, differisce in forma, dimensioni e colori dalle popolazioni appartenenti in senso stretto ad essa, per certi aspetti ricorda più una T. g. ibera che una T. g. terrestris, infatti non si può escludere la possibilità che si tratti di un incrocio tra le due, considerando anche la posizione geografica. Per quanto riguarda il gruppo africano, c’è stato in tempi recenti un cambiamento nell’attribuzione della sottospecie nominale, per via di una errata assegnazione di località che fu fatta in origine per l’esemplare di riferimento. Di conseguenza, il nome della sottospecie nominale T. g. graeca adesso è attribuito a quella precedentemente conosciuta con il nome di T. g. soussensis; a sua volta alla sottospecie precedentemente conosciuta con il nome di T. g. graeca è stato assegnato un altro nome tra quelli disponibili, ovvero T. g. whitei. Si tratta di regole di nomenclatura, discorsi tecnici di classificazione, cui occorre adeguarsi per continuare a parlare una stessa lingua comune e comprensibile.

DISTRIBUZIONE E HABITAT

Testudo graeca è presente in Nord Africa lungo la costa che va dal Marocco alla Libia comprendendo Algeria e Tunisia, e nell’areale euroasiatico si estende dalla Grecia fino all’Iran, passando per i territori tra loro compresi, in ordine alfabetico: Armenia, Azerbaigian, Bulgaria, Daghestan, Georgia, Giordania, Iraq, Israele, Kosovo, Libano, Macedonia, Moldova, Palestina, Romania, Serbia, Siria, Turchia. Sin dai tempi antichi questa specie è stata spostata dall’uomo per diverse ragioni in varie parti del Sud Europa, e oggi ritroviamo alcune popolazioni naturalizzate in Spagna e in Sardegna, soprattutto nella regione di Murcia e nel Parco Nazionale di Doñana nel primo caso (oltre alle Isole Baleari), e nella penisola del Sinis nel secondo caso. In Spagna e Sardegna, tali popolazioni sono da ricondurre geneticamente, in linea di massima, rispettivamente alle sottospecie T. g. whitei e T. g. nabeulensis, anche se morfologicamente in alcuni casi possono differire dalle popolazioni di origine (ad esempio in Sardegna la grandezza media è maggiore), e ciò può essere dovuto o a normali meccanismi di evoluzione e adattamento agli habitat lungo gli anni, oppure a lievi inquinamenti genetici con altre sottospecie. La presenza di Testudo graeca spesso si menziona anche in Sicilia, in particolare a Pantelleria, ma non esistono prove che ci siano ancora oggi delle popolazioni sicule per questa specie. Rari ritrovamenti in natura sono da ricondurre ad abbandoni in tempi recenti da parte dell’uomo o fughe dalla cattività. La specie predilige ambienti di macchia mediterranea, zone costiere, sabbiose e semidesertiche.

CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE

Specie dalle medie e piccole dimensioni, a seconda della sottospecie variano dai circa 15 cm fino a misure record di 38 cm di carapace. Normalmente quelle del gruppo africano rimangono più piccole di quelle del gruppo euroasiatico. Il carapace è cupoliforme e può essere leggermente allargato posteriormente. Le squame delle zampe anteriori sono grosse, in confronto ad esempio a quelle di una Testudo hermanni. Sulla testa è presente al centro una squama più grossa delle altre, di forma pentagonale. Lo scuto sopracaudale è unico, non è diviso in due. Il piastrone negli adulti è semi-mobile nella parte posteriore, in corrispondenza delle suture che separano gli scuti addominali da quelli femorali. Sulle zampe posteriori ai lati della coda sono presenti gli speroni, ovvero dei tubercoli, normalmente uno per lato, ma in casi eccezionali anche due. I colori variano dal giallo,  al marrone, al nero e loro sfumature. Se distinguere questa specie da altre dello stesso genere è abbastanza facile, altrettanto non si può dire tra le sue diverse sottospecie, l’alta variabilità morfologica all’interno di ognuna rende la loro identificazione complessa. Conviene iniziare facendo una distinzione tra le sottospecie del gruppo africano e quelle del gruppo euroasiatico. Premessa, le caratteristiche che verranno descritte, vanno considerate soprattutto in esemplari adulti, e ognuna va valutata nel complesso con le altre, poiché prese singolarmente non sono sufficienti per identificare con certezza una sottospecie o la sua provenienza geografica, è un discorso di maggior percentuale dei casi, non c’è nessuna caratteristica presente in una sola sottospecie e sempre assente in tutte le altre. Quelle del primo gruppo si caratterizzano per avere testa e arti anteriori affusolati, spesso macchiati di nero e giallo, un carapace più bombato con colori più accesi, e un piastrone con macchie nere dai disegni irregolari. Il primo scuto vertebrale ha una forma rotondeggiante, e la sutura del piastrone tra gli scuti femorali e quelli addominali crea delle curve alle sue estremità. Di contro, le sottospecie del gruppo euroasiatico si caratterizzano per avere testa e arti anteriori tozzi, scuri quasi in modo uniforme, un carapace più schiacciato superiormente e largo, con colori spenti, e un piastrone che tende ad essere uniformemente scuro con l’avanzare dell’età. Il primo scuto vertebrale ha una forma pentagonale a linee rette, e la sutura tra gli scuti femorali e addominali è dritta. Passando alle singole sottospecie, alcune hanno tra loro le medesime caratteristiche, soprattutto se vicine geograficamente, quindi l’esatta identificazione in cattività potrebbe avvenire solo se si conosce l’origine geografica (dei genitori o degli avi per animali nati in cattività), o tramite indagini genetiche. In cattività inoltre ci sono molti ibridi tra sottospecie e ciò complica ulteriormente le cose.

Testudo graeca graeca (Sudovest Marocco): di piccole dimensioni, il carapace ha colori poco brillanti, che variano dal marrone al giallo spento con macchie nere. In alcuni esemplari la pelle di testa e arti ha delle sfumature di colore arancione o rosa. I piccoli alla nascita sono di colore marrone. Caratteristica unica per questa sottospecie è la totale assenza, nella maggior parte dei casi, degli speroni sulle zampe posteriori.

Testudo graeca marokkensis (Nord Marocco): sottospecie simile a T. g. graeca ma presenta una maggiore variabilità di grandezze e colori, alcuni esemplari hanno una predominanza di giallo, altri invece di nero, altri ancora hanno un motivo punteggiato, maculato o raggiato sul carapace. I piccoli alla nascita sono di colorazione quasi uniforme, marrone o nocciola, il piastrone è più chiaro con una macchia centrale poco estesa.

Testudo graeca whitei (Est Marocco, Algeria, Spagna): la colorazione di fondo del carapace è giallo, con gli scuti bordati di nero con una o più macchie centrali, sulla testa è presente una macchia gialla che si alterna al nero, il piastrone è più scuro, soprattutto nei maschi (escludendo in molti casi gli scuti anali e gulari). I piccoli alla nascita hanno colori più chiari sul carapace, invece sul piastrone è presente una macchia nera estesa. E’ la sottospecie africana che può raggiungere le maggiori dimensioni, anche 30 cm di carapace, in particolare verso la costa centrale dell’Algeria viene citata una popolazione “gigante”, ma non vi è validità tassonomica per considerarla una sottospecie separata, non si riescono a trovare prove odierne in natura di tale popolazione, e gli esemplari attribuiti ad essa in cattività, oltre alla stazza fuori media, hanno colori e disegni riscontrabili in altre sottospecie africane, per cui la questione rimane irrisolta.

Testudo graeca nabeulensis (Tunisia, Est Algeria, Ovest Libia, Sardegna): molto simile a T. g. whitei, le differenze consistono nella tonalità di colori meno accesa, e nelle dimensioni, infatti con i suoi 15 cm (soprattutto nei maschi) è la sottospecie più piccola tra le T. graeca. Sul quinto scuto vertebrale vi sono due macchie nere al centro, che insieme al contorno scuro, in molti casi formano un disegno tipico simile a un teschio umano stilizzato.

Testudo graeca cyrenaica (Est Libia): molto simile a T. g. whitei e T. g. nabeulensis, differisce per il disegno del carapace che presenta diverse macchie nere irregolari, soprattutto sugli scuti laterali. Il colore di fondo è giallo acceso, la forma del carapace è più allungata.

Testudo graeca ibera (Nordest Grecia, Bulgaria, Romania, Nord Turchia e paesi confinanti): rappresenta l’archetipo della Testudo graeca euroasiatica, quindi rispecchia le caratteristiche tipiche per questo gruppo. Ha una colorazione più scura nella maggior parte dei casi, un carapace più largo e meno domato, con testa e arti massicci. I piccoli hanno una colorazione del carapace più chiara, e il piastrone presenta alla nascita una macchia più o meno estesa o irregolare. E’ la sottospecie che può raggiungere le dimensioni maggiori, con casi di 38 cm.

Testudo graeca armeniaca (Georgia, Daghestan, Armenia, Azerbaigian): molto simile a T. g. ibera, il carapace è largo e bombato ma la parte superiore è piatta. Normalmente negli adulti, la superficie del carapace non è liscia poiché si distinguono nettamente le diverse linee di crescita degli scuti. Una caratteristica che non è detto venga mantenuta in esemplari nati e cresciuti in cattività. La colorazione degli adulti è scura e uniforme. I piccoli hanno colori più chiari, con piastrone giallo e macchie nere.

Testudo graeca buxtoni (Est Turchia, Iraq, Ovest Iran): carapace di forma rotondeggiante con gli scuti marginali leggermente estesi posteriormente. Colorazione abbastanza uniforme, marrone chiaro con colori più scuri nella parte interna degli scuti. I piccoli alla nascita si presentano di colore marrone scuro.

Testudo graeca zarudnyi (Est Iran): generalmente ricorda T. g. buxtoni, ma ha un carapace più allungato, largo posteriormente dove gli scuti marginali possono formare un “gonnellino” simile a quello di una Testudo marginata. Il carapace è marrone, con tonalità che variano dal color sabbia al color mattone.

Testudo graeca terrestris (Israele, Giordania, Libano, Siria, Sud Turchia): è la sottospecie che presenta al suo interno la maggiore eterogeneità di colori,forme e dimensioni, nel suo areale si trovano diversi ambienti con climi dai più umidi e ai più secchi, che hanno condizionato fortemente la morfologia. La forma classica, che comunemente si fa ricondurre a questa sottospecie, si caratterizza per avere un carapace cupoliforme, di ridotte dimensioni, con colorazione gialla e grosse macchie nere su ognuno degli scuti vertebrali e laterali. Ma la colorazione può variare dal giallo, al nero, al marrone, fino a tonalità di arancione e rossastro (che coinvolge anche la pelle). Alcuni esemplari sono totalmente neri, altri al contrario totalmente gialli (questa varietà cromatica viene comunemente detta “Golden Greek”). Anche la forma del carapace cambia da una popolazione all’altra, in alcune è più allungata e presenta un “gonnellino” posteriore. A seconda dell’origine, una T. g. terrestris può risultare o molto simile a una T. g. ibera oppure con caratteristiche più comunemente riscontrabili in sottospecie del gruppo africano. La posizione geografica di questa sottospecie non a caso è intermedia, quindi tali similitudini dipendono dal versante del suo areale, nel quale non si escludono zone di intergradazione tra sottospecie diverse.

Anche se non si tratta di una sottospecie, menzione a parte va fatta per una tipologia di T. graeca fortemente pubblicizzata negli ultimi anni da allevatori e commercianti, con il nome di “East Anatolian”. Se inizialmente questo nome aveva una precisa corrispondenza, ovvero si riferiva ad esemplari di T. g. ibera di grosse dimensioni e originari dal versante Est della Turchia (letteralmente “East Anatolian” significa “della Turchia dell’Est” scritto in inglese), a causa di disinformazione e speculazioni, adesso ha perso totalmente qualsiasi significato. Infatti ormai vengono chiamati con questo nome, sia T. g. ibera di grosse dimensioni che non provengono dall’Est Turchia (e viceversa), sia T. graeca di grosse dimensioni appartenenti ad altre sottospecie e con diverse origini. Quindi all’interno di questo nome ormai possiamo trovare esemplari che tra loro non hanno nulla in comune, né l’origine, né la sottospecie, né le caratteristiche fisiche. Per un allevamento consapevole, è preferibile seguire solo i nomi scientifici delle sottospecie riconosciute.

 

DIMORFISMO SESSUALE E RIPRODUZIONE

Il maschio è di dimensioni inferiori rispetto alla femmina, tranne nel caso di alcune popolazioni del gruppo euroasiatico in cui maschi e femmine possono raggiungere la stessa grandezza. Nel maschio il piastrone è concavo per aderire meglio al carapace della femmina durante l’accoppiamento, la coda è più grande in lunghezza e larghezza, e gli scuti anali formano un angolo di ampiezza maggiore. Durante il corteggiamento il maschio è molto aggressivo, morde e colpisce ripetutamente col carapace la femmina. Durante l’anno avvengono due o tre deposizioni, di quattro, cinque o più uova ciascuna. I piccoli nascono dopo circa 90 giorni, preferibilmente in una giornata seguente una pioggia di fine estate, che ammorbidendo il terreno ne agevola la risalita in superficie. In incubatrice il periodo di attesa è minore, circa 60 giorni a 32°C, la temperatura di incubazione influenza il sesso, a temperatura maggiore nasceranno in prevalenza femmine e viceversa. La femmina riesce a conservare lo sperma del maschio anche dopo alcuni anni dall’ultimo accoppiamento, e ciò permette di deporre uova fertili anche in anni in cui non sono avvenuti accoppiamenti. Questa caratteristica è comune a molte specie di testuggini, e ciò è giustificata dal fatto che in natura sono animali solitari, quindi una volta che un maschio e una femmina hanno la fortuna di incontrarsi, devono far sì che da quell’accoppiamento, ottengano un elevato vantaggio numerico in termini riproduttivi, per più generazioni.

LETARGO

Testudo graeca effettua letargo in base alla sottospecie e all’areale di origine. In linea di massima, le sottospecie del gruppo africano non effettuano letargo, invece le sottospecie del gruppo euroasiatico si, con le dovute eccezioni, ad esempio alcune T. g. terrestris per aspetti ambientali sono paragonabili alle sottospecie africane. Oltre alla temperatura, anche l’umidità è un fattore determinante per il superamento dell’inverno, infatti un ambiente troppo umido è deleterio per molte popolazioni di origine africana. La sottospecie più robusta e adattabile al clima italiano, è senza dubbio T. g. ibera, ma è possibile tenere tutto l’anno fuori al Sud Italia anche altre sottospecie, che seppur non effettuano un vero e proprio letargo, riescono ad affrontare l’inverno. Bisogna valutare caso per caso, la differenza positiva la fa anche la condizione di animali nati e cresciuti in cattività, rispetto ad esemplari adulti di cattura, facilmente stressabili e poco adattabili ai cambiamenti. Durante il letargo T. g. ibera scava nel terreno fino a sotterrarsi anche del tutto, e questo le permette di passare un letargo a temperatura più costante, senza brusche interruzioni tra inizio e fine periodo. E’ un istinto innato, d’altro canto raramente le sottospecie africane scavano o cercano un adeguato riparo col freddo. Durante l’estate, in giornate molto calde, si può manifestare un comportamento analogo, le tartarughe potrebbero interrarsi e saranno meno attive, anche se non si tratta di una vera e propria estivazione. Per gli esemplari che non effettuano letargo occorre adibire un terrario per la stagione fredda, munito di lampade UVB e riscaldanti. Non esiste un’età adatta per fare letargo, quindi nei casi in cui questo è possibile, va fatto fare sin dal primo anno di vita, se non sussistono particolari motivazioni sullo stato di salute.

ALIMENTAZIONE

Principalmente vegetariana, in natura consuma varie erbe e piante. Essendo animali opportunistici, possono integrare occasionalmente la dieta con lumache, lombrichi, carcasse e feci di altri animali. In cattività è sufficiente limitarsi ai vegetali, preferendo alimenti con un rapporto calcio-fosforo a favore del primo, oltre alle erbe spontanee come tarassaco, trifoglio, ortica e tante altre, possiamo somministrare cicoria, indivia, radicchio e simili. La frutta va data con parsimonia. I liquidi di cui necessitano li assimilano dal cibo, e dall’ambiente circostante se vivono in condizioni naturali (ad esempio dopo la pioggia), ma è possibile farle bere lasciando dei contenitori con acqua, a livello del terreno, da mantenere sempre puliti.

MANTENIMENTO IN CATTIVITA’

L’ideale è allevare questa specie all’aperto tutto l’anno, quando possibile, recintando un terreno o un giardino, scegliendo il substrato adatto, alternando l’uso di terrari o serre, in base alle esigenze di ogni singola sottospecie, in relazione al proprio clima di origine. Non vanno tenuti insieme esemplari di sottospecie diverse, per evitare il contagio di malattie, aggressioni tra loro, e per non creare inquinamenti genetici. Tutte le sottospecie di Testudo graeca possono ibridarsi tra loro, tali ibridi sono sempre fertili, e difficili da identificare, solo in alcuni casi una caratteristica riscontrabile nei piccoli ibridi è l’assenza di macchie nel piastrone. I maschi possono essere molto territoriali e aggressivi, per tale motivo si consiglia di tenerli isolati dal resto del gruppo, se non per farli accoppiare durante alcuni giorni dell’anno.

 

 

STATUS GIURIDICO

La specie è stata inclusa nella Convenzione di Washington, CITES Appendice II, e in Allegato A del regolamento CE. Per la detenzione in Italia, oltre alla documentazione che ne attesta l’origine lecita, necessita del microchip.

 

Testo di: Enrico Di Girolamo (2021).

 

FOTO 

 

 

 

 

 

Pubblicato in Tartarughe terrestri
Sabato, 26 Aprile 2014 14:49

Testuggine marginata

Testuggine marginata

Specie Terrestri

Schoepff, 1795

CLASSIFICAZIONE
Ordine = TESTUDINES
Sottordine = CRYPTODIRA
Famiglia = TESTUDINIDAE
Genere = TESTUDO
Specie = TESTUDO MARGINATA

STATUS GIURIDICO
Testudo marginata è inclusa nella Convenzione di Washington (C.I.T.E.S.), appendice II allegato A.

DISTRIBUZIONE IN NATURA
Testudo marginata è la tartaruga terrestre Europea di maggiori dimensioni, raggiungendo in alcuni casi i 40 cm di lunghezza e i 7-8 Kg di peso.
E' originaria della Grecia, ma attualmente sono presenti popolazioni in Albania ed Italia. Segnalazioni certe la danno presente a San Rossore, in Toscana, ed in alcune località della Calabria, dove la presenza è da attribuire all'immissione da parte dell'uomo in tempi storici risalenti prima dell'avvento dell'Impero Romano, probabilmente a seguito di scambi commerciali con la Grecia Classica.
Carapaci di Testudo Marginata sono stati rinvenuti di fatto in tombe etrusche a testimonianza della millenaria presenza di questo rettile nella nostra penisola.
Tali popolazioni hanno comunque carattere isolato. Un discorso a parte merita invece la presenza del rettile in Sardegna, dove appare diffusa e ben acclimatata, particolarmente nella Gallura, nell'Ogliastra e nella penisola di Stintino.
Le prime notizie storiche certe risalgono comunque al diciassettesimo secolo e confermano la presenza sull'isola.
Si hanno poi notizie di successive introduzioni sino al periodo della seconda guerra mondiale.
Attualmente appare in declino per il prelievo indiscriminato a cui da tempo è soggetta, nonostante la protezione a cui è sottoposta sia dallo Stato Italiano che dalla Regione Sardegna.

COLLOCAZIONE TASSONOMICA
Secondo le ultime revisioni la specie è stata suddivisa in tre sottospecie, quella tipo Testudo marginata marginata (Schopff, 1795), presente in gran parte della Grecia e Testudo marginata sarda (Mayer, 1992) per le popolazioni sarde.
Più recente l'introduzione di una nuova sottospecie denominata weissingeri (Bour, 1995), presente in una stretta fascia costiera a sud del Peloponneso in Grecia.
Pareri discordanti sono venuti fuori circa l'opportunità di assurgere a sottospecie quelle che vengono definite varianti geografiche.
A risolvere il contendere, uno studio pubblicato nel 2002 sulle relazioni filogenetiche relative al genere Testudo appaiono indicare l'unicità della specie Testudo marginata.
Le varianti geografiche si spiegano con quello che in biologia evolutiva viene definito effetto fondatore.
Tutto può apparire chiaro con questo esempio: mettiamo che chi ha introdotto la Testudo marginata in Sardegna abbia preso animali di dimensioni maggiori rispetto alla media della popolazione originale, che naturalmente ha una variabilità genetica molto ampia.
La popolazione che si andrà a costituire non avrà più questa ricchezza, ma bensì le caratteristiche possedute dai pochi esemplari introdotti.
Se erano più grandi, avranno discendenti che tenderanno, naturalmente, ad essere di dimensioni maggiori.
Nel caso del nanismo della variante weissingeri, esso può essere imputato all'ambiente povero di cibo in cui vive.

CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE
Testudo marginata ha, come il nome già lo preannuncia, la caratteristica di avere un carapace scampanato in corrispondenza di sette-nove squame marginali posteriori.
Questo carattere, evidente e più marcato nei vecchi maschi, comincia a svilupparsi oltre i cinque anni di vita, o comunque da una certa dimensione corporea in poi.
Testudo marginata è la tartaruga terrestre europea che raggiunge le dimensioni maggiori con una media di circa 30 cm, ma non sono rari esemplari che raggiungono e superano i 40cm.
Oltre alla scampanatura posteriore, la specie ha la caratteristica di presentare triangoli neri in campo color ocra su otto-dieci squame del piastrone.
Filogeneticamente la specie più affine e all'opposto la più piccola specie di Testudo mediterranea, è certamente Testudo Kleinmanni, che invece presenta due, al massimo quattro triangoli sul piastrone.
Queste caratteristiche la fanno distinguere bene da Testudo Graeca sp., anche se non di rado ai lati della coda, seppur meno marcati, sono presenti due o quattro piccoli tubercoli conici, tipici di quest'ultima specie.
La coda non presenta un astuccio corneo come in Testudo hermanni sp. e nei maschi appare allungata ed appuntita, mentre nelle femmine può essere molto corta e la cloaca aprirsi in fondo ad essa, presentandosi tronca.
La colorazione è molto varia: partendo da soggetti melanici quasi completamente neri, passando per esemplari con areole giallastre evidenti che occupano buona parte delle squame dorsali, si arriva a colorazioni molto chiare di un colore ocra diffuso.
Questi ultimi sono esemplari certamente ipomelanici se non certamente albini, che hanno una frequenza enormemente alta nelle popolazioni sarde.
Personalmente posso dire che ci sono segnalazioni certe di albinismo in Testudo marginata già evidenziate in esemplari rinvenuti negli anni 40 dello scorso secolo e conservati in alcool al museo di Storia Naturale di Milano (reperti N°3084 e 3328).
Segnalazioni di nascite di albini non sono rare e personalmente ne ho un buon numero discendenti da un unico maschio albino e di una vecchia femmina eterozigote rinvenuti in natura oltre 30 anni fa.
Risalire al motivo di una frequenza così alta di una mutazione all'apparenza svantaggiosa, non è certo semplice, ma si può ipotizzare la presenza di un mutante al momento dell'introduzione in Sardegna quando ancora il numero esiguo di esemplari ha garantito una certa diffusione del gene.
Altra ipotesi a conferma del mantenimento di questa alta frequenza può essere imputata ad un vantaggio mimetico dei giovani esemplari, in quanto crescendo la colorazione un po' si scurisce e diventa prossima al colore dell'erba secca.
Ritornando alle presunte differenze morfologiche tra le varianti geografiche, Testudo marginata marginata, la sarda e la weissingeri, queste sono ad ascriversi ad un rapporto differente tra lunghezza, altezza, larghezza del carapace, nonché alle dimensioni medie.
Per le popolazioni sarde si individuano rapporti lunghezza/larghezza inferiori rispetto alla forma tipo, nonché a dimensioni generalmente maggiori.
Per intendersi è mediamente un po' più tondeggiante e meno allungata.
Discorso diverso invece per la variante weissingeri, dove sono le dimensioni molto ridotte a distinguerla dalle altre.
Resta inteso che, viste le evidenti differenze di colorazione che si possono riscontrare in natura, una valutazione discriminante su questo carattere appare a mio avviso molto soggettiva.

DIMORFISMO SESSUALE
In Testudo marginata la differenza di dimensioni tra maschio e femmina non è così marcata quanto tra le altre specie del genere Testudo, complice la maggiore scampanatura dei maschi.
Questo carattere, unitamente ad una maggiore bombatura delle femmine, distingue i due sessi da un'osservazione sommaria.
In molti casi, addirittura, il maschio appare di dimensioni maggiori rispetto alla femmina, anche se in letteratura il record appartiene a quest'ultima.
Di seguito si evince il dimorfismo sessuale della specie:
- i maschi possiedono una coda lunga, robusta e grossa alla base. Non è presente un astuccio corneo. La coda della femmina è invece piccola e corta, in alcuni casi appare tronca;
- la distanza dell'apertura cloacale dalla base della coda è maggiore nel maschio.
- i maschi adulti presentano una concavità nel piastrone che tende ad accentuarsi con l'età; il piastrone delle femmine e dei giovani non è mai completamente piatto. Le ultime 4 squame del piastrone fanno corpo unico e risultano mobili ed articolate al resto del piastrone sia nei maschi che nelle femmine.
Eccetto che per quanto detto ad inizio paragrafo, il dimorfismo sessuale tra i due sessi non è molto evidente in questa.
Non vi è inoltre una specializzazione, se non la maggiore concavità del piastrone, per facilitare l'atto riproduttivo come invece è marcata nelle altre specie del genere Testudo.
Tale caratteristica inoltre maschi di dimensioni prossime a quelle delle femmine, di qui probabilmente la non grande differenza di dimensioni tra i due sessi.
Tutti i caratteri considerati si rendono tanto più evidenti quanto più l'esemplare in oggetto si avvicina alla maturità sessuale (in cattività, 7-8 anni sia per i maschi che per le femmine, in natura oltre i 10); piccoli di 1-2 anni possono essere sessualmente indistinguibili se non ad un occhio molto esperto o attraverso la comparazione con numerosi esemplari.
Per esperienza personale è invece molto più facile questa analisi alla nascita con i piccoli maschi che appaiono con una caratteristica leggera uncinatura della coda.
Tuttavia molti esemplari rimangono sempre difficili da sessare sino ai 4-5 anni di vita.

MANTENIMENTO IN CATTIVITA'
Testudo marginata si adatta con una certa facilità a vivere in ampi recinti all'aperto dove disponga di prolungata esposizione al sole per tutta la giornata, tappeto erboso e terra, arbusti e ripari idonei.
Particolari cure andranno poste all'allestimento del recinto al fine di impedire eventuali fughe.
Esso, che sia di rete metallica, di legno, laminati metallici o cementiti, andrà interrato a sufficienza e dovrà sporgere in esterno di almeno 30 cm.
Altra accortezza è quella di un ulteriore protezione con rete metallica al fine che animali indesiderati e pericolosi non si possano introdurre nei recinti.
Le grandi dimensioni rendono Testudo marginata meno sensibile delle altre Testudo alle variazioni climatiche tanto che risulta attiva non solo per più mesi durante l'anno, ma anche per un maggior numero di ore durante la giornata, in special modo in autunno ed alla fine dell'inverno.
Non è raro trovare esemplari attivi anche a Novembre inoltrato quando le giornate lo consentono; le prime sortite dal letargo invernale si hanno poi già dai primi soli di Febbraio.
Va pertanto data particolare cura ai ripari nei quali gli animali possano uscire ed entrare con facilità a loro piacimento, al fine che non possano essere sorpresi da improvvise quanto probabili gelate, frequenti nel centro-nord Italia, o ripararsi dall'eccessiva calura nel periodo estivo.
E' consigliabile un riparo coperto in alto, aperto da un lato (meglio se in direzione est) con all'interno della paglia, posto in una posizione areata per impedire che l'umidità ristagni dopo le piogge.
Indicativamente bastano una quindicina di cm di paglia umida sopra il carapace per proteggere da gelate intense (fino a 10 °C sotto lo zero) gli animali.
Discorso a parte per i piccoli dalla nascita sino a che non raggiungono i 10 cm circa: i neonati in particolare non hanno lo stimolo in questa specie a cercare un riparo per tutto il periodo invernale e rimangono attivi tutte le volte che le giornate lo consentono.
Va prestata particolare cura ai ripari, tali da consentirgli, come nel caso degli adulti, di poter entrare ed uscire con facilità.
L'attività è tale che i piccoli crescono anche nel periodo invernale, va pertanto fornito loro del cibo, altrimenti si indeboliscono e muoiono, non tanto per i rigori invernali, quanto perché rimanendo attivi consumano le loro riserve di grasso.
Personalmente ritengo che quanto proposto è quanto di più aderente allo stato naturale e, con le accortezze proposte, non crea assolutamente problemi agli animali.

LETARGO
Parlando di letargo in senso stretto, Testudo marginata non differisce molto delle Testudo delle stesse latitudini, come detto prima piuttosto ha una durata minore di tale periodo.
Personalmente, piuttosto che dilungarmi su inutili consigli su come far fare un buon letargo alle nostre beniamine, mi piacerebbe far notare che se il luogo è realmente idoneo all'allevamento di questa specie, le uniche accortezze da prendere sono quelle proposte nel precedente paragrafo circa la cura dei ripari.
Molti errori con esito infausto, sono generati dalla non attenzione al comportamento degli animali: essi stessi ci indicheranno il punto che preferiscono e, stiamone certi, l'istinto di sopravvivenza e gli adattamenti naturali sono ben collaudati.
Non spostiamo gli animali, lasciamoli interrare dove preferiscono, tutt'al più con le prime gelate si provvederà a disporre della paglia sopra al punto nel quale hanno deciso di svernare.
Come accennato in precedenza, i neonati non hanno invece l'istinto per un letargo vero e proprio, e bastano pochi minuti di sole, complici le piccolissime dimensioni,anche quando la temperatura dell'aria è prossima allo zero, per portarli ad una temperatura di completa attività.
Animali in buona salute non avranno problemi a superare l'inverno, si nutriranno e cresceranno pure: unica accortezza sarà quella di verificare che tutti i piccoli siano rientrati nei ripari quando il clima è particolarmente rigido.
Unico momento realmente delicato è la fase preparatoria e quella del risveglio dal letargo.
Animali defedati e sottopeso difficilmente supereranno il letargo invernale: in questo caso è consigliabile non far svernare i soggetti oppure ridurne artificialmente questo periodo, tenendo conto che è comunque fondamentale per questi animali.
Ai primi soli primaverili sarà posta particolare cura alla reidratazione dei soggetti più deboli sottopeso.
Fondamentale fornire immediatamente del cibo: si accelera in questo modo la ripresa degli animali.

ALIMENTAZIONE IN NATURA
Testudo marginata, come le altre specie appartenenti al genere testudo, è essenzialmente vegetariana, tutt'al più gradisce qualche frutto.
Anche se in cattività accetta facilmente alimenti ricchi in proteine, in natura l'alimentazione si basa sul consumo di erbe, in special modo a foglia larga, eccezion fatta per le graminacee, effettivamente poco gradite.
Molto frequente la coprofagia, con spiccate preferenze per escrementi di animali erbivori.
Rari sono i casi in cui si possono nutrire di piccoli vertebrati morti come nidiacei e piccoli topi, o di invertebrati.

DISORDINI DIETETICI IN CATTIVITA'
Personalmente ho potuto verificare che un'alimentazione errata è la principale causa di patologie che portano alla morte le tartarughe del genere Testudo.
Senza stare ad elencare le innumerevoli patologie correlate ad un'errata alimentazione, l'unico modo per avere animali che crescono in modo sano, è quello di nutrirli con alimenti vegetali allevandoli in condizioni idonee di luce solare e di temperatura.
La regola da seguire è quella detta in precedenza: un grande recinto all'aperto (sono animali che diventano molto grossi!) dove le tartarughe possano brucare le erbe che preferiscono; la dove questo non sia possibile è consigliabile non cimentarsi nell'allevamento di questi animali.

RIPRODUZIONE
Testudo marginata ha un ciclo riproduttivo analogo alle altre specie del genere Testudo: un periodo autunnale e primaverile dedito agli accoppiamenti ed uno di deposizione a partire dalla metà del mese di Aprile che si può protrarre sino ai primi giorni di Luglio, dipendente dal clima delle zone in cui vivono.
Generalmente però le deposizioni si concentrano nei due mesi centrali di Maggio e Giugno.
Il maschio è generalmente poco aggressivo nei confronti del suo stesso sesso, tuttavia, senza arrivare alla violenza di Testudo greca, può diventare pericoloso per le femmine.
Si raccomanda pertanto di unire maschi e femmine solo per brevi periodi.
D'altronde in natura, complici le non proprio affollate popolazioni, gli incontri sono assolutamente sporadici e non prolungati.
Le femmine depongono generalmente dalle 8 alle 12 uova per ovatura, tuttavia in rari casi si possono avere da un minimo di 2-3 uova ad un massimo di 17.
Anche il numero di eventi di deposizione varia dal singolo sino al massimo di quattro: generalmente però si osservano solo due deposizioni intervallate da un periodo, variabile in dipendenza della temperatura media, tra le due e le quattro settimane, solitamente 20 giorni.
Le modalità di scavo sono le medesime in tutto il genere Testudo: la femmina, individuato il posto prescelto, inizia a scavare alternando le zampe posteriori, quindi terminato il lavoro depone molto velocemente le uova disponendole ad occupare tutto lo scavo; fatto ciò ricopre e si allontana.
Queste sono le uniche cure parentali della specie.
I piccoli nascono mediamente dopo tre mesi d'incubazione in natura.
Ideale è un terreno sabbioso fine e ben drenato: il successo di schiusa in anni medi è in questi casi prossimo al 100%.
Condizioni climatiche avverse e terreni inadatti fanno calare drammaticamente le nascite.
Non ho notizie di esemplari di questa specie che svernano nel nido ed emergono la primavera successiva.
Personalmente sto riscoprendo il lasciar sviluppare in natura le uova (naturalmente proteggendo il luogo da eventuali predatori, uccelli e mammiferi): il sesso dei piccoli è determinato dalla temperatura di deposizione ed in incubatrice si hanno nascite di neonati solitamente tutti dello stesso sesso.
La temperatura critica è indicata in letteratura sui 32 °C: con percentuali di nascite di esemplari di sesso femminile maggiori sopra questa soglia.
La scelta della femmina assicura invece un rapporto tra i sessi naturale, per giunta la vitalità è decisamente migliore.
In conclusione, Testudo marginata è una specie robusta ed adattabile, con potenzialità riproduttive elevate.

Autore: Maurizio Bellavista
 
Pubblicato in Tartarughe terrestri
Sabato, 26 Aprile 2014 14:46

Testudo kleinmanni

Testudo kleinmanni

Testuggine di kleinmann, Testuggine egiziana

Specie Terrestri

Kleinmann's tortoise , Egyptian Tortoise
Lortet 1883

CLASSIFICAZIONE
Ordine = TESTUDINES
Sottordine = CRYPTODIRA
Famiglia = TESTUDINIDAE
Genere = TESTUDO
Specie = TESTUDO KLEINMANNI

STATUS GIURIDICO
E' compresa nella Convenzione di Washington ( C.I.T.E.S. ) in Appendice 1.
La specie è considerata "vulnerabile" dal " IUCN Reptilia and Amphibia Red Data Book (Groombridge 1982)" ed è compresa nella "Red List of Threatened Animals (IUCN 1990)"
Se l'andamento attuale della specie proseguirà invariato, nel prossimo futuro non sopravviveranno significative popolazioni in libertà.

DISTRIBUZIONE
Questa specie ha come habitat le zone costiere aride e desertiche a sud-est del mar Mediterraneo, spingendosi fino ad un massimo di circa 120 km nell'entroterra.
La distribuzione originaria di questa specie occupava una vasta area che si estendeva da ovest del deserto del Negev (Israle), attraverso le coste dell'Egitto fino al centro delle zone costiere della Libia.
In tutte queste aree la specie ha subito una forte riduzione che ha portato alla scomparsa in vaste aree dell'habitat originario.
In particolare in Egitto la presenza di questa specie si è drasticamente ridotta e la sopravvivenza futura è minacciata dalla estensiva e spesso irreversibile distruzione degli habitat naturali, dall'espansione delle coltivazioni agricole, dall'aumento delle aree urbane ed anche dal continuo prelievo di esemplari in natura per il commercio.
In passato per pastori ed agricoltori la raccolta delle T. kleinmanni in natura e la loro vendita a commercianti di animali costituiva una fonte di reddito accessoria alla loro attività principali.
Ancora oggi nei mercati del Cairo è possibile acquistare esemplari di T. kleinmanni per poche lire egiziane; il numero di esemplari in vendita è diminuito non tanto per l'aumentare dei controlli quanto perché è molto più difficile reperire animali in natura, quelli in vendita provengono dalle ultime popolazioni rimaste in Egitto o più probabilmente sono stati importati illegalmente dalla Libia.

HABITAT
Come indicato anche dalla loro colorazione giallastra, le T. Kleinmanni sono originarie di zone rocciose / sabbiose, nelle quali una colorazione scura le avrebbe rese facile prede per uccelli rapaci od altri predatori.
La T. kleinmanni vive principalmente nelle zone con dune sabbiose, si può comunque trovare anche in aree con terreni costituiti da sabbia compatta o distese ghiaiose con rocce sparse.
Nelle zone di origine le precipitazioni sono scarse e concentrate nei mesi invernali (da 50 a 500 mm anno), le temperature giornaliere vanno dai 22°C durante la primavera fino ad oltre 35°C durante l'estate.
Le temperature medie invernali non scendono sotto i 17-18°C di giorno e 9-10°C di notte.

CARATTERISTICHE COMPORTAMENTALI
La specie non iberna ma può andare in estivazione nei periodi più caldi (da luglio a settembre).
La loro attività giornaliera comincia nelle prime ore del mattino quando, dopo essersi rapidamente riscaldate ai raggi solari, iniziano la ricerca di cibo.
La poca umidità che si raccoglie sulla vegetazione durante la notte e che le tartarughe possono sfruttare alimentandosi nelle prime ore del giorno, costituisce una sufficiente risorsa di acqua per le testuggini egiziane.
Durante le ore più calde della giornata le tartarughe cercano riparo dalla eccessiva insolazione utilizzando tane scavate da roditori o altri piccoli animali o anfratti tra le rocce o, in mancanza di altro, interrandosi nella sabbia.
Gli stessi ripari vengono poi utilizzati per trascorrere la notte, quando la temperatura scende bruscamente (anche di 20°C rispetto al giorno).
Gli esemplari di T. kleinmanni trascorrono la loro vita stabilmente in una area che va dai 100 a 1000 m2, solo i maschi possono allontanarsi dal loro territorio nel periodo riproduttivo alla ricerca delle femmine.
I nemici naturali delle T. kleinmanni sono principalmente gli uccelli predatori.

CARATTERISTICHE FISICHE
E' una specie di piccola taglia, i maschi hanno dimensioni comprese tra 8-10 cm per un peso di 100-300 g, le femmine hanno dimensioni comprese tra 10-15 cm per un peso 150-900 g.
Le ridotte dimensioni permettono alle tartarughe di riscaldarsi rapidamente dopo le fredde notti desertiche; il loro carapace, il cui colore riflette piuttosto che assorbire le radiazioni solari, permette alle tartarughe di dedicare più tempo alla ricerca di cibo invece di cercare riparo dalle radiazioni solari troppo intense durante il giorno.
La specie si distingue facilmente perché nelle placche pettorali del piastrone sono presenti delle macchie, di colore nero o marrone, a forma di triangolo con l'apice rivolto verso la coda dell'animale, molto simili a quelle delle T. Marginate.
Queste macchie sono presenti in quasi la totalità degli individui e rendono le T. kleinmanni distinguibili dalle varie sottospecie di T. graeca; in alcuni individui adulti, provenienti principalmente dalla Libia, le macchie possono essere particolarmente sbiadite od anche assenti.
Il colore di fondo del piastrone è un giallo paglierino piuttosto sbiadito.
Il colore di fondo del carapace varia da un giallo opaco molto sbiadito fino ad un giallo paglierino brillante con sfumature di verde giallognolo.
I margini anteriori e laterali delle placche vertebrali e costali sono colorati di nero o marrone scuro. Il centro delle placche è però privo di macchie e manca la tipica aureola nera delle T. graeca.
Sono comunque presenti esemplari di T. kleinmanni il cui colore del carapace è di un giallo omogeneo e non sono presenti le bordature nere delle placche.
Il colore della pelle è anch'esso giallo chiaro (anche in questo caso l'unica testuggine mediterranea con un colore simili della pelle è la T. marginata anche se a differenza delle kleinmanni nelle marginate la parte superiore della testa è di colore scuro ).
La forma del carapace è piuttosto rotondeggiante (più evidente nelle femmine che nei maschi)
Nella Testudo kleinmanni mancano i tubercoli a lato della coda, la coda inoltre è priva di astuccio corneo.
La parte posteriore del piastrone è leggermente mobile (come in T. graeca) sia nei maschi che nelle femmine.
Gli arti anteriori delle kleinmanni presentano scaglie embricate molto più grandi rispetto a T. Graeca; questa particolarità è particolarmente evidente negli esemplari giovani.
In natura le T. kleinmanni vivono 20-30 anni, in cattività vivono fino a 50-60 anni.

DIMORFISMO SESSUALE
I maschi hanno dimensioni minori delle femmine e la loro coda è più lunga.
Il carapace delle femmine adulte risulta più rotondeggiante rispetto a quello dei maschi.
Il piastrone è piatto sia nei maschi che nelle femmine.

MANTENIMENTO IN CATTIVITA'
T. kleinmanni è una specie difficile da mantenere in cattività; il loro adattamento alle condizioni estreme (zone desertiche) che trovano negli habitat naturali le rendono vulnerabili quando si tenta di allevarle in climi più temperati.
La specie ha evoluto una "nicchia" ambientale molto ristretta e non è possibile allevarla in condizioni al di fuori di quella "nicchia".
Inoltre sul mercato sono disponibili quasi esclusivamente esemplari catturati in natura e quindi lo stress per il trasporto, l'esposizione ad agenti patogeni stranieri, le scarse riserve fisiche legate alla loro taglia ridotta,
fanno si che la maggior parte degli esemplari catturati siano destinati alla morte.
Le Testuggini egiziane devono essere collocate in un ambiente asciutto, caldo con bassa umidità ambientale.
Tranne che nelle aree con clima secco e caldo, per le T. kleinmanni è preferibile un allevamento in terrario.
La temperatura di allevamento deve essere compresa tra 18-24°C, a temperature superiori a 30°C le tartarughe cessano la loro attività e si cercano un rifugio dall'eccessivo calore.
E' comunque necessario che nel terrario sia presente una zona riscaldata fino a 28-30°C per permettere alle tartarughe di riscaldarsi quando ne hanno necessità.
Devono anche essere presenti rifugi per le tartarughe per trascorrere la notte.
La specie è molto sensibile ai parassiti e pertanto vanno previsti trattamenti periodici.
E' consigliato anche un bagno periodico degli animali in acqua tiepida per favorire la loro idratazione.

ALIMENTAZIONE
In natura si cibano di piante grasse e foglie e fiori della vegetazione spontanea.
In cattività accettano anche frutta che deve essere comunque fornita con moderazione; nella loro dieta è necessaria una integrazione di calcio.

RIPRODUZIONE
In cattività si hanno poche segnalazioni di riproduzioni ottenute al di fuori dell'area di origine di questa specie, inoltre in alcuni casi la riproduzione è stata ottenuta solo grazie alla importazione di femmine già gravide.
In natura le femmine compiono fino a 4-5 deposizioni all'anno, intervallate da periodi di 4-5 settimane a partire dal mese di aprile.
Per ogni deposizione vengono deposte da 1 a 3 uova in una buca scavata dalla femmina, di preferenza le deposizioni vengono fatte nella sabbia piuttosto che nella terra.
I piccoli nascono dopo 90-120 giorni a seconda della temperatura di incubazione.
Il sesso è determinato dalla temperatura di incubazione: al di sotto dei 30°C nascono esclusivamente maschi.
Alla nascita i piccoli pesano circa 6 grammi, raggiungeranno la maturità sessuale dopo circa 5 anni, alla taglia di 8-10cm.

NOTE
Durante le fasi dell'accoppiamento i maschi emettono un suono simile ad un pigolio, in cattività questo comportamento è stato osservato anche senza che vi fosse attività sessuale.
Non sono riconosciute sottospecie ma sembrano esserci delle differenze tra le varie popolazioni: gli esemplari provenienti da Israele hanno dimensioni medie maggiori e presentano le macchie a V sul piastrone, gli esemplari provenienti dall'Egitto presentano una colorazione gialla uniforme sia della pelle che del carapace gialla ed hanno le macchie a V sul piastrone, gli esemplari provenienti dalla Libia non hanno le macchie a V sul piastrone e la colorazione delle squame della testa e degli arti anteriori presenta dei riflessi rossastri.

Autore: Massimiliano Martignani
 
Pubblicato in Tartarughe terrestri
Sabato, 26 Aprile 2014 14:44

Testudo horsfieldii

Testudo horsfieldii

Testuggine di Horsfield

Specie Terrestri

Horsfield's Tortoise
Gray 1844

CLASSIFICAZIONE
Ordine = TESTUDINES
Sottordine = CRYPTODIRA
Famiglia = TESTUDINIDAE
Genere = TESTUDO
Specie = HORSFIELDII

STATUS GIURIDICO
E' compresa nella Convenzione di Washington (C.I.T.E.S.) in Appendice 2.
Nel corso degli ultimi tre decenni moltissimi esemplari (con tasso di mortalità purtroppo elevatissimo) sono stati esportati in Europa, soprattutto negli ultimi anni per far fronte al "vuoto di mercato" prodottosi con l'entrata in vigore delle leggi che proteggono le Testudo mediterranee.

DISTRIBUZIONE
Il suo areale è molto ampio e va dalla Russia sudorientale (dove raggiunge i 52° di latitudine nord) fino all'Iran, Pakistan, Afghanistan e Cina occidentale.
Ne sono state classificate quattro sottospecie, distinte prevalentemente in base all'ubicazione del loro territorio:
1. Testudo (agrionemys) horsfieldii horsfieldii (Gray, 1844): Armenia, Azerbaijan, Kirgizistan, Tajikistan, Iran, Afghanistan, Pakistan, Xinjiang, Cina
2. Testudo (agrionemys) horsfieldii baluchiorum (Annandale, 1906): Baluchistan
3. Testudo (agrionemys) horsfieldii kazakhstanica (Chkhikvadze, 1988): Kazakhistan, Turkmenistan, Uzbekistan
4. Testudo (agrionemys) horsfieldii rustamovi (Chkhikvadze e altri, 1990): Regione del Kopet Dag (Turkmenistan)

HABITAT
Essa abita, prevalentemente, territori secchi e aridi, come deserti rocciosi e colline sabbiose o steppe, spesso ad altitudini oltre i 1500 metri, ma si può osservare anche nelle praterie con frequenti ruscellamenti o piccoli corsi d'acqua.

CARATTERISTICHE COMPORTAMENTALI
In natura ha un periodo di massima attività piuttosto breve, circa quattro mesi all'anno, dovuto alle difficili condizioni climatiche delle latitudini del proprio habitat (inverni molto freddi o estati molto calde); per difendersi dal clima avverso scava profonde gallerie, lunghe fino a 2 metri, con le robuste zampe anteriori di cui è dotata, oppure sfrutta tane di mammiferi abbandonate, dove iberna in inverno ed estiva durante la parte più calda e secca dell'estate.

CARATTERISTICHE FISICHE
Come dimensioni è paragonabile alla Testudo hermanni; infatti il suo carapace raggiunge una lunghezza che varia tra i 15 e i 22 cm. Il carapace è molto arrotondato, ma piuttosto depresso; la colorazione varia da un marrone chiaro fino a un giallo o verde oliva, spesso con segni marroni o neri sugli scudi più larghi.
Il piastrone è largo con una macchia nera rotondeggiante su ciascuno scudo. Lo scudo sopracaudale è indiviso. Una caratteristica peculiare è quella di presentare quattro unghie per ogni zampa, motivo per cui sono anche chiamate "tartarughe dalle quattro dita".

DIMORFISMO SESSUALE
La coda del maschio e' piu' lunga ed ha la base piu' larga.
Le femmine raggiungono dimensioni maggiori.
Maschi con scuti anali che formano un angolo più ampio di quello delle femmine.

MANTENIMENTO IN CATTIVITA'
L'allevamento in cattività presenta alcune difficoltà, soprattutto se tenuta all'aperto. Anche se molti allevatori non hanno riscontrato problemi nell'allevarla all'esterno, va tenuto presente che la difficoltà principale è rappresentata dall'umidità, che alle nostre latitudini è sicuramente mediamente molto più elevata rispetto al suo territorio naturale.
E' importante che il giardino in cui viene allevata sia molto soleggiato ed è consigliabile approntare un rifugio che sia completamente al riparo dall'acqua piovana; questo vale anche in caso di ricovero invernale per il letargo all'aperto. In caso di allevamento di un gruppo di horsfieldii è sempre consigliabile la proporzione di 2 o 3 femmine per ogni maschio.
Va tenuto presente che sono molto agili e quindi possono arrampicarsi facilmente su luoghi impensabili: ciò permette loro di rigirarsi abbastanza facilmente in caso di ribaltamento (è molto difficile sorprenderle a zampe all'aria).
Inoltre, essendo potenti scavatrici (hanno le zampe anteriori molto forti), se non si provvede a frenarle con materiale rigido (legno, plastica) posto a 30-40 cm. di profondità nel terrario, in prossimità del letargo si rischia di vederle sparire da un giorno all'altro a profondità che possono tranquillamente superare il mezzo metro.
Per quanto riguarda l'eventuale incubazione delle uova, valgono circa gli stessi criteri adottati per le Testudo hermanni: temperatura costante sui 30/32 gradi, percentuale di umidità tra il 60/80%. In tale situazione i tempi di schiusa delle uova si aggirano sui 60/70 giorni.

ALIMENTAZIONE
L'alimentazione è interamente erbivora, compresa l'erba (verde e anche secca), fiori, foglie e frutti.
Beve durante i temporali nelle pozzanghere che si formano; durante la stagione secca, soprattutto nelle zone più aride del suo areale, si rifornisce di acqua metabolica per supplire alle sue necessità.

RIPRODUZIONE
Poco dopo il risveglio dal letargo invernale, che avviene in genere tra marzo e maggio, i maschi si mettono subito alla ricerca di femmine con cui accoppiarsi. Si possono avere fino a tre deposizioni l'anno, da 2 a 9 uova, ma di solito vi è una sola covata nel mese di giugno.
Le uova si schiudono dopo circa 3/4 mesi, ma qualche volta i piccoli svernano nel nido, emergendo durante la primavera successiva. Alla nascita i piccoli misurano 3 o 4 cm.; a parte il primo anno, la crescita è piuttosto lenta e all'età di 10 anni essi raggiungono la maturità sessuale, anche se è la dimensione il principale fattore per stabilire la raggiunta maturità sessuale (10-11 cm. i maschi, almeno 13 cm. le femmine).
Il rituale del corteggiamento è alquanto insolito. Il maschio si avvicina alla femmina e ripetutamente le gira intorno, poi si ferma di fronte alla sua testa, estende il collo fissandola direttamente negli occhi mentre scuote rapidamente la testa su e giù come una danza. Solo successivamente l'accoppiamento può avvenire con successo; i morsi e le spinte del maschio sono del tutto occasionali.

NOTE
La Testudo horsfieldii, inclusa nel genere Testudo, dopo il 1980 è stata classificata da alcuni studiosi come unica specie del genere Agrionemys e prende il nome dal naturalista e viaggiatore Dr. Horsfield, che per primo la riconobbe come una specie diversa.

Autore: Giuseppe Ugolini
 
Pubblicato in Tartarughe terrestri

Testudo hermanni ssp. hercegovinensis

Specie Terrestri

La recente descrizione di una nuova sottospecie di Testudo hermanni sembra aver riaperto quella controversa ed antica questione che fa capo al riconoscimento dello status delle diverse popolazioni che compongono questa specie, con particolare accento sulla polimorfa forma orientale (T. hermanni boettgeri). Dato il gran parlare che si è fatto attorno a questo evento, naturalmente accolto con gran piacere da tutti gli appassionati allevatori di testuggini terrestri mediterranee, sono stato invitato a raccogliere le informazioni disponibili su questo taxon e ad esprimere su di esso un'opinione.

Note: in questa trattazione utilizzeremo il termine "sottospecie orientale" come sinonimo della sola T. hermanni ssp. boettgeri 'sensu stricto' (cioè esclusa la "hercegovinensis") e "sottospecie occidentale" per T. hermanni ssp. hermanni. La nuova sottospecie verrà invece individuata dalla presenza del termine "hercegovinensis", posto in diverse e varie combinazioni con gli attributi generici ('Testudo') e specifici ('hermanni'), in caratteri corsivi o non, ciò in linea con confusione che attualmente interessa la sua collocazione tassonomica.

Col termine taxon (plurale taxa) ci si riferisce ad un esemplare di qualsiasi livello tassonomico; cioè può essere sinonimo ora di "sottospecie", ora di "specie" etc. Qui è usato quasi sempre come sinonimo di T. h. hercegovinensis.

Diversamente dalla situazione relativamente omogenea di T. hermanni hermanni, quella di T. hermanni boettgeri evidenzia una spiccata variabilità morfologica e genetica che anche l'osservatore inesperto può cogliere con facilità nella forma, nelle dimensioni e nella pigmentazione dei soggetti analizzati.

Tale variabilità sembra avere una spiegazione "storica". Essa deriverebbe infatti dalla presenza, durante l'ultima glaciazione, di molti "rifugi glaciali" distribuiti nella penisola greca, zone a clima relativamente mite all'interno delle quali le diverse popolazioni di T. hermanni orientali ebbero la possibilità di sopravvivere e di differenziarsi in condizioni di isolamento riproduttivo. Il successivo ritiro dei ghiacci
avrebbe consentito la distribuzione dei soggetti nell'intero areale oggi riconosciuto come habitat della specie (cioè nella penisola ellenica e nell'area dei Balcani), generando un certo grado di fusione dei diversi fenotipi.

Il risultato di queste dinamiche storiche è oggi una sottospecie – Testudo hermanni ssp. boettgeri - composta da forme geografiche diverse e riconoscibili, sulle quali tuttavia è assai difficile dare un giudizio definitivo. Due di queste forme geografiche in particolare hanno attirato l'attenzione dei biologi e appassionati in questi ultimi anni: T. hermanni 'hercegovinensis' e T. hermanni 'peloponnesica'. In questa scheda ci occuperemo della prima delle due.

Testudo hermanni ssp. hercegovinensis è endemica della Croazia, Bosnia-Herzegovina e Montenegro ed è stata descritta nel lontano 1899 da Werner come sottospecie di T. graeca, solo pochi anni dopo la descrizione di T. hermanni boettgeri (1889). A quest'ultima, la sottospecie croata è rimasta accorpata per molti anni fino alla sua recente rivalutazione da parte di Perälä (2001).

Questo autore propone per la verità di riconoscere a T. hermanni 'hercegovinensis' il valore di specie, piuttosto che quello di sottospecie. Tuttavia, questa scelta non sembra essere confinata a questo taxon, quanto piuttosto rientrare in una più generale discussione "accademica" fra tassonomi, alcuni dei quali sembrano risoluti ad eliminare dal Sistema di Classificazione Internazionale il livello di sottospecie. Personalmente, devo ammettere di non riuscire a cogliere il senso di questa operazione. Forse alcuni di coloro che vorrebbero veder modificata la tradizionale denominazione in un'improbabile "Testudo hermanni, Testudo boettgeri e Testudo hercegovinensis", sono spinti dalla convinzione di potere, in questo modo, eliminare alla radice i molti problemi nella classificazione degli organismi viventi; problemi che in realtà, come qualsiasi biologo ha ben presente, dipendono non tanto dall'uso dei nomi o delle categorie tassonomiche, ma piuttosto emergono inevitabilmente quando si considerano le specie nella loro reale natura di "entità" transitorie ed in continua evoluzione, piuttosto che come qualcosa di fisso e facilmente delimitabile.

In questa breve presentazione di Testudo hermanni 'hercegovinensis' tratteremo quindi questo taxon in modo tradizionale, cioè come sottospecie, perché ci sembra il caso di evidenziare gli stretti rapporti che la legano con T. hermanni ssp. boettgeri e con T. hermanni in generale.

CRITERI MORFOLOGICI E COMPORTAMENTALI DI RICONOSCIMENTO
Oltre che in base all'areale di distribuzione, la nuova sottospecie può essere riconosciuta da T. h. boettgeri anche per alcuni caratteri morfologici e comportamentali.
1. In primo luogo, T. h. hercegovinensis appare generalmente di dimensioni più contenute, non superando i 148 mm per i maschi e i 190 mm per le femmine (dimensioni massime). Mediamente, tuttavia, i maschi sono attorno ai 126-135 mm per un peso di 600-830 grammi, mentre le femmine attorno a 140- 150 mm per un peso di 990-1080 grammi.
2. La colorazione del piastrone è generalmente più scura di quella che siamo abituati ad osservare in T. hermanni boettgeri e può, in alcuni casi, consistere in due bande scure quasi continue ai lati dello stesso. Ciò la avvicina maggiormente, da un punto di vista morfologico, alla sottospecie occidentale, T. hermanni hermanni.
3. Il rapporto fra suture è sicuramente più vicino a quello tipico della sottospecie orientale. Anche se non esistono dati ricavati da un campione sufficientemente esteso da poter trarre delle conclusioni certe, pare che dall'analisi degli emplari originali depositati da Werner si possa dedurre un rapporto fra sutura pettorale e sutura femorale prossima a 1, (per esempio, 67 mm su 66 mm). Questo rapporto non è in contrasto con lo standard riconosciuto in T. h. boettgeri. Infatti, nel 1968 Stemmler individuò in un valore attorno a 0,85 il rapporto fra sutura pettorale e sutura femorale nella sottospecie orientale (contro 1,8 per quella occidentale).
4. Il carattere tuttavia che dovrebbe essere maggiormente indicativo sell'appartenenza di un esemplare alla sottospecie 'hercegovinensis' è l'assenza delle scaglie inguinali (osservabili, quando sono presenti, nell'incavo del carapace nel quale vengono ritirate le zampe posteriori). Va messo subito in chiaro che, pur trattandosi di un carattere importante, non è per nulla determinante preso da solo, ma che al contrario deve essere ponderato e valutato in modo critico assieme a tutti gli altri caratteri. Infatti, è possibile che in un'esemplare possa essere presente anche una sola scaglia inguinale, dal lato destro o da quello sinistro, e ciò non pregiudicherebbe, secondo gli autori tedeschi, la corretta attribuzione alla sottospecie 'hercegovinensis'. Questo carattere è stato oggetto di discussioni e non viene accettato da tutti. Pare infatti che la mancanza della scaglia inguinale – o delle scaglie inguinali - possa escludere che si tratti di una 'boettgeri', mentre la presenza delle stesse (entrambe o solo una) non sarebbe motivo sufficiente per ascrivere l'esemplare a questa stessa sottospecie ed escludere che si tratti di una 'hercegovinensis'.
5. Il settimo scuto marginale, osservato ventralmente, tende ad avvicinarsi meno con la propria estremità inferiore all'incavo nel quale vengono ritirate le zampe posteriori.
6. Osservazioni in condizioni di cattività hanno messo in luce delle differenze anche nel comportamento riproduttivo. T. hermanni hercegovinensis depone quasi sempre una sola volta in una stagione: 3, massimo 5 uova per covata. T. hermanni boettgeri depone invece anche 3 volte durante l'estate e il numero di uova per covata supera quasi sempre il numero di 5.

Una descrizione di questo genere, che si basa su differenze che possono sserci come non esserci affatto, può lasciare disorientato l'appassionato che desideri trovare una collocazione – un "nome scientifico" – al proprio animale. E' chiaro che quanti più caratteri vengono presi in considerazione tanto più affidabile risulterà la conclusione, specie se tutti o la maggior parte dei caratteri saranno "
concordi" nel comprendere o non comprendere l'esemplare in quella data specie (o sottospecie).

Tuttavia va detto sin da subito che il desiderio di basare il riconoscimento "certo" del proprio esemplare sulle sole caratteristiche morfologiche si scontra con uno scoglio insormontabile anche dalla più dettagliata descrizione: con il fatto cioè che la classificazione in biologia NON si basa SOLO sulla morfologia, né l'aspetto fenotipico (morfologico e comportamentale) ne è il fattore più importante.

Il riconoscimento di una nuova specie, o sottospecie, necessita innanzitutto di una valutazione della portata dell'isolamento riproduttivo, occorre cioè capire se esiste una reale discontinuità riproduttiva fra due popolazioni o se piuttosto vi è un passaggio graduale da una all'altra; in quest'ultimo caso le cose si farebbero assai più complicate, giacché sorgerebbe il problema di dove porre il confine: chi decide " da qua in poi abbiamo la sottospecie X"?. Se non v'è un qualche grado di discontinuità fra due popolazioni, a livello morfologico o riproduttivo, possono cadere i presupposti per riconoscerle come specie o sottospecie separate.

Sarebbe poi una cosa molto positiva disporre di dati molecolari (analisi delle sequenze del DNA) da poter confrontare con quelli morfologici, considerato che non sempre questi due "livelli" portano a conclusioni identiche. Purtroppo, al momento queste informazioni di importanza chiave non sono disponibili, almeno a quanto ne so. Ci dobbiamo quindi aspettare, nel futuro più prossimo, un'inevitabile oscillazione dei pareri degli esperti, con un'alternanza fra posizioni estremiste ("si tratta di una nuova specie!"; "è semplicemente una 'boettgeri'!") e posizioni più moderate ("forse è una nuova sottospecie"), condita di quel generale disorientamento che sempre
accompagna eventi di questo genere (cioè nuove "descrizioni"), fino all'affermazione (quasi) definitiva di uno dei punti di vista, generalmente in concomitanza con l'emergere di nuove "prove" a favore di una delle tesi in competizione.

All'atto pratico del riconoscimento di un esemplare va rivelato che, soprattutto quando la discontinuità morfologica fra le due sottospecie o specie "candidate" è molto bassa, occorre basarsi su altri fattori, e fra questi il più "risolutivo" è sicuramente la provenienza dell'esemplare.

E' chiaro che per distinguere un ippopotamo da un cammello - due specie fortemente discontinue perché separate da migliaia di anni di evoluzione - ci possiamo basare anche solo sull'aspetto dei due animali, con un margine di errore praticamente nullo, tuttavia quando si tratta di riconoscere due varietà locali in seno ad una stessa specie, o due specie molto simili, occorre davvero fare uno sforzo in più.

Perché risulta così difficile riconoscere due sottospecie su base morfologica e qual è l'origine delle tante opinioni diverse attorno alla possibilità di riconoscere i nuovi taxa come specie piuttosto che come sottospecie?

Per rispondere a questa domanda è necessaria una breve digressione che consenta di inquadrare il problema in un tema di portata più generale.

Le difficoltà intrinseche alla classificazione dei viventi cui i sistematici hanno quotidianamente a che fare e che sono alla base di molti degli scontri fra "scuole" diverse, dipendono essenzialmente dalla difficoltà che si incontra a dover porre delle delimitazioni nette ad un processo - come quello che porta alla formazione di nuove specie - che, osservato nella sua estensione temporale, appare continuo.
Come si è già messo in evidenza, quella che ora è solo una sottospecie, domani potrebbe diventare una Specie (se il processo di differenziamento andrà avanti); ieri, invece, era solo una popolazione indistinguibile dalle altre popolazioni della medesima specie. Una sottospecie rappresenta, in altre parole, una delle tappe intermedie di quel processo di differenziamento che, partendo da semplici varianti locali di una specie antenata comune, culmina con la formazione di una o più specie del tutto nuove, come effetto dell'accumulo di differenze in condizioni di isolamento riproduttivo. Un processo di questo tipo è detto "di speciazione" e porta alla "gemmazione" di nuove specie da specie preesistenti.

Mi permetto, col solo scopo di facilitare la comprensione del problema, di fare un paragone con il fenomeno della metamorfosi degli anfibi anuri (processo col quale il nostro condivide le problematiche ma non la natura). Mentre ci è facilissimo distinguere un girino da una rana completamente formata, ci risulta molto più difficile riconoscere uno qualsiasi degli stadi intermedi fra il girino e la rana e quasi impossibile dare loro una collocazione "sistematica".

In questo senso, chi si accinge a classificare i viventi assomiglia ad un ragazzino che, a caccia di anfibi in uno stagno, desideri trovare il sistema più ragionevole per classificare i vari stadi di metamorfosi che riesce ad incontrare, suddividendoli "per categorie" in contenitori diversi.

Le difficoltà che si incontrano nel definire i rapporti reciproci fra diverse sottospecie (per es., quelli di T. h. hermanni con T. h. boettgeri) che, come abbiamo visto, rappresentano stadi intermedi di differenziazione verso future specie, diventano allora perfettamente comprensibili, anzi "naturali": quanti contenitori dovrà adoperare il ragazzino? Solo due (girino / rana; gli stadi intermedi verranno ripartiti
fra queste due categorie) o molte decine (un contenitore per ogni variante)?

Allo stesso tempo, vediamo come il problema del riconoscimento di un taxon come Sottospecie o come Specie perda molta della sua importanza, e forse anche un po' della sua serietà, quando viene paragonato al seguente paradosso (Noto come "Il paradosso di Anfibio", originariamente formulato da J. Cargile): disponendo di qualche centinaio di fotogrammi della metamorfosi di un anfibio, è possibile individuare il momento esatto (cioè l'esatto fotogramma) in cui uno stadio intermedio diventa finalmente "Rana"? Ovviamente no, perché si tratta di un processo continuo!

In un processo, come quello della speciazione, che si estende nel tempo per milioni di anni, un fotogramma può essere ragionevolmente compreso nel "breve" intervallo di un centinaio d'anni. I biologi, nel loro studio sistematico degli esseri viventi, stanno quindi osservando un fotogramma di quel processo – continuo – che porta alla trasformazione delle sottospecie in specie.

IN CONCLUSIONE
1. Lo status del nuovo taxon descritto è ancora abbastanza dubbio ma sussistono delle evidenze che fanno propendere per riconoscerlo come sottospecie di Testudo hermanni filogeneticamente vicina a T. h. boettgeri;
2. I caratteri morfologici che la differenziano da T. hermanni hermanni e da T. hermanni boettgeri devono essere valutati nel loro insieme, dato che la presenza o l'assenza di uno solo di essi non può costituire una discriminante valida. E' questo il motivo per cui, molto spesso, solamente chi ha un'ampia familiarità con la specie (cioè solo chi ha visto decine e decine di esemplari di provenienza certa) ha pure la competenza per valutare nel modo più corretto la situazione;
3. Il riconoscimento su base morfologica non dà comunque la garanzia che un esemplare sia realmente una 'hercegovinensis', ma solo una certa probabilità;
4. Solamente conoscendo il luogo di origine di un esemplare raccolto in natura è possibile raggiungere la certezza su "che cosa sia".

Autore: Gionata Stancher
 
Pubblicato in Tartarughe terrestri
Sabato, 26 Aprile 2014 14:31

Testudo hermanni

Testudo hermanni

Testuggine di Hermann

Specie Terrestri

Testuggine di Hermann - Hermann's Tortoise
Gmelin, 1789

CLASSIFICAZIONE
Ordine = TESTUDINES
Sottordine = CRYPTODIRA
Famiglia = TESTUDINIDAE
Genere = TESTUDO
Specie = TESTUDO HERMANNI

STATUS GIURIDICO
Per motivi conservazionisti, Testudo hermanni è stata inclusa nella Convenzione di Washington (C.I.T.E.S.), appendice II.

DISTRIBUZIONE IN NATURA
Testudo hermanni è la testuggine terrestre maggiormente diffusa nella nostra penisola e l'unica sicuramente autoctona. L'areale di distribuzione europeo della specie spazia dalla Spagna alla Romania, passando attraverso il sud della Francia, Italia, Grecia, regioni balcaniche e Bulgaria.
Nel nostro Paese si estende lungo pressoché tutta la costa tirrenica, in Puglia, in Calabria, in Sicilia e in Sardegna, seppure in modo locale e punteggiato, comprendendo popolazioni la cui attuale segregazione ad un numero sempre più ristretto di località e soprattutto all'interno di aree protette, riflette l'attività di raccolta cui è stata sottoposta questa specie nel corso degli anni per scopi commerciali, nonché la rarefazione degli habitat naturali.

COLLOCAZIONE TASSONOMICA
La collocazione tassonomica di Testudo hermanni ha attraversato nel corso degli anni alcune revisioni, sia a livello specifico che subspecifico. Sino a non moltissimi anni fa essa veniva designata col nome Testudo graeca, ora appartenente ad una specie diversa dalla quale si differenzia per alcuni caratteri distintivi. D'altro canto l'abitudine, rimasta nei paesi di lingua anglosassone, di chiamare Testudo hermanni col nome comune di 'Greek Tortoise', cioè testuggine greca (la vera Testudo graeca è detta 'Spur-thighed tortoise'), concorre ancora oggi ad alimentare la confusione nel distinguere queste due specie morfologicamente simili.
L'iniziale suddivisione nelle due sottospecie , quella occidentale Testudo hermanni ssp. robertmertensi e quella orientale Testudo hermanni ssp. hermanni, a partire dal 1987 si è tradotta, per motivi di priorità tassonomica, in Testudo hermanni ssp. hermanni e Testudo hermanni ssp. boettgeri (Mojsisovics, 1889), rispettivamente. La forma occidentale era stata infatti descritta per prima da Gmelin e quindi, in quanto olotipo, doveva rappresentare la specie nominale. Recentemente sono state proposte due nuove forme, dal valore tassonimico non ancora accertato: Testudo hermanni 'peloponnesica' e Testudo hermanni 'hercegovinensis'.

CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE
La presenza di due scuti sopracaudali in luogo di uno scuto singolo viene di norma assunta quale carattere più evidente e sicuro per distinguere Testudo hermanni da Testudo graeca, nonostante vari studi condotti su popolazioni appartenenti alle due diverse specie abbiano evidenziato in entrambe diffusi casi di "anomalie" che ne ridimensionano l'importanza: da una parte l'esistenza di esemplari di Testudo hermanni dotati di singolo scuto sopracaudale, dall'altra esemplari di Testudo graeca con scuto sopracaudale doppio (questi ultimi meno frequentemente).
"Eccezioni" queste, talvolta anche abbastanza diffuse, che possono rendere difficile la collocazione certa di simili esemplari anomali nell'una o nell'altra specie da parte dei non esperti. La presenza di tale variabilità morfologica per questo carattere impone che vengano considerati anche altri caratteri, la combinazione sola dei quali sarà determinante per una sicura classificazione.
Questi ultimi sono:
- l'astuccio corneo presente all'apice della coda tanto dei maschi quanto delle femmine di Testudo hermanni (e assente in T.graeca);
- la presenza di tubercoli cornei ai lati delle cosce nelle sole T.graeca;
- la colorazione del piastrone, formante due bande nere più o meno continue in T.hermanni, confusamente segnato di colore grigio scuro-nero in T.graeca.

Rapporti fra T. hermanni hermanni e T. hermanni boettgeri
Queste due razze geografiche comprendono, rispettivamente, le popolazioni ad Occidente e ad Oriente del Mare Adriatico. Le popolazioni italiane appartengono quindi alla sottospecie Testudo hermanni hermanni, che differisce dalla simile Testudo hermanni boettgeri per taluni caratteri morfologici, dei quali ci occuperemo più avanti in modo dettagliato, e per le dimensioni generalmente più contenute.
La sottospecie boettgeri occupa un vasto areale che, partendo dall'Istria, si estende lungo tutte le coste orientali dell'Adriatico per allargarsi nella penisola greca fino alla Romania e Bulgaria. La supposizione circa la presunta autoctonicità di questa sottospecie nel Friuli, nel Veneto ed in Emilia Romagna è stata più volte avanzata a giustificazione dei frequenti rinvenimenti, per esempio nelle zone attorno al Delta del Po, ma non sembra aver ottenuto conferme definitive.
Sappiamo inoltre che numerosi esemplari provenienti dall'ex Jugoslavia sono stati importati e liberati negli anni passati nel Centro-Nord Italia, circostanza che renderebbe particolarmente difficili eventuali studi che intendessero provare quanto sopra ipotizzato sulla base della comparazione di individui nelle zone di ritrovamento e tendenti a ricercare un'eventuale uniformità morfologica.
Attualmente entrambe le sottospecie sono diffusamente allevate e riprodotte con successo in cattività, per quanto quella orientale abbia dimostrato una maggiore resistenza ai climi rigidi del Nord Italia, resistenza probabilmente dovuta al fatto che si tratta per la maggior parte di esemplari provenienti da zone a latitudini più elevate (per esempio, dall'Istria o dalla Croazia).
I caratteri che distinguono le due sottospecie di T. hermanni, pur di facile individuazione, mostrano tuttavia una variabilità tale da rendere in alcuni casi ardua la sicura classificazione di esemplari di provenienza sconosciuta. Per quanto alcuni studiosi si siano dati parecchio da fare analizzando un gran numero di soggetti appartenenti a ciascuna delle due sottospecie (vedi gli "indici di Stemmler", proposti nel 1968), appare complessivamente difficile stabilire parametri esatti che possano distinguerle, questo in parte a causa della presenza accertata di esemplari portatori di caratteri intermedi, anche non necessariamente ibridi.
La livrea di Testudo hermanni boettgeri si è rivelata particolarmente variabile, specie nella colorazione del carapace, e si sono osservate anche forme con una pressoché totale assenza di pigmento nero. Al contrario la "cugina" occidentale sembra più costante nelle caratteristiche, soprattutto nella colorazione. Per questi motivi non è da escludere che future ricerche possano portare al riconoscimento di talune di queste forme locali di T.h.boettgeri come nuove sottospecie o razze geografiche, e quindi alla suddivisione di questo taxon, ipotesi sempre comunque subordinata all'individuazione di uniformità morfologiche nelle popolazioni selvatiche considerate e alla presenza di fattori ecologici e geografici che possano chiarire la natura e il grado di un eventuale isolamento riproduttivo.

La descrizione che segue va quindi ponderata alla luce di queste considerazioni.

Testudo hermanni hermanni presenta un piastrone con un'estesa copertura di colore nero, tale da formare due bande continue ai lati dello stesso, a differenza di T.h.boettgeri sul cui piastrone è possibile osservare solamente macchie di colore scuro o nero disgiunte fra loro. Si segnala peraltro la presenza di esemplari appartenenti a quest'ultima sottospecie con piastrone completamente nero o con una disposizione del colore simile a quella osservabile nella forma occidentale: alcuni esemplari provenienti dal Peloponneso o dalla Croazia possono per esempio trarre facilmente in inganno date le dimensioni generalmente contenute e la colorazione scura del loro piastrone. Nel caso particolare della Grecia, la variazione morfologica nella pigmentazione del piastrone di T.h.boettgeri segue un cline individuato nel passaggio dagli esemplari di grandi dimensioni e debolmente macchiati di nero tipici del Nord, a quelli di dimensioni più contenute e col piastrone molto scuro del Sud. Ladistribuzione del pigmento nero in questi ultimi è assai simile a quella tipica della nostra T.h.hermanni, quando non addirittura più estesa, data la frequenza di esemplari melanotici (dintorni di Sparta, come rilevato da R. Willemsen, 1999).

Altro parametro utile è il rapporto fra le dimensioni della sutura pettorale e quella femorale del piastrone: si assumono appartenenti alla sottospecie hermanni gli esemplari in cui la sutura pettorale è minore della femorale; il rapporto inverso sarebbe invece tipico della boettgeri. Proprio questo che potrebbe sembrare a prima vista il carattere più "certo", quasi matematico, si è invece rivelato forse il più controverso. Il problema nasce infatti dall'esistenza di esemplari che presentano un rapporto uguale o vicino a uno: a tal proposito, e a sostegno della già citata difficoltà di fondo a distinguere con certezza le due sottospecie, va rilevata l'esistenza di soggetti di Testudo h.boettgeri verosimilmente "puri" la cui sutura pettorale è di dimensioni uguali (quando non leggermente inferiori) a quella femorale. Anche in questo caso, quindi, ci troviamo di fronte ad un continuum di forme caratterizzate da un'assenza di variazioni discrete (vale a dire di "salti") che rende certamente ragione di una classificazione inferiore al rango di specie e giustifica le difficoltà che si incontrano nella collocazione tassonomica.

La presenza di una macchietta gialla sotto l'occhio può aiutare a classificare come T.hermanni hermanni un esemplare dubbio, per quanto sia possibile osservare la stessa caratteristica in T.h.boettgeri di giovane età (poi in questa sottospecie tende a sparire).

Le dimensioni della nostra h. hermanni si aggirano intorno ai 14-17 centimetri per le femmine, con punte minime e massime rispettivamente nelle popolazioni pugliesi e sarde (queste ultime possono raggiungere i 19-20 cm in grosse femmine), mentre fra le più grandi h.boettgeri non sono rari casi in cui i 20 cm vengono ampiamente superati (dimensioni massime 28-30 cm osservate in esemplari provenienti dalla Romania e dalla Bulgaria). I maschi sono più piccoli in entrambi i casi.

Va inoltre segnalato che soggetti anomali con scuto sopracaudale unico si rinvengono molto più facilmente nella sottospecie orientale: uno studio condotto da Highfield & Bayley su un campione composto da 438 esemplari di T.h.boettgeri in natura e in cattività, ha rilevato un'incidenza dell' anomalia attorno al 18%; questo carattere è inoltre trasmissibile nelle generazioni anche in forma recessiva.

L'accoppiamento fra Testudo hermanni hermanni e Testudo hermanni boettgeri, sconsigliato tanto in natura (introduzione di esemplari non autoctoni) quanto in cattività (promiscuità fra esemplari delle due sottospecie) per comprensibili motivi biologici ed ecologici, porta alla nascita di ibridi fertili e dotati di caratteri più o meno intermedi fra i due genitori, ma più frequentemente, sembra, con una dominanza della livrea tipica della prima.

A fronte della citate difficoltà nel discernere morfologicamente le due razze geografiche, va peraltro sottolineato che studi biomolecolari hanno rilevato significative differenze nelle sequenze del loro DNA (con riferimento allo studio condotto nel 2002 da A.C. van der Kuyl et al.).

DIMORFISMO SESSUALE
La presenza nei maschi delle tartarughe di un organo copulatore che viene estroflesso attraverso l'apertura cloacale solo nel momento dell'accoppiamento, fa sì che la distinzione del sesso debba basarsi principalmente su una serie di caratteri sessuali secondari. Nel caso di Testudo hermanni questi ultimi sono abbastanza evidenti, più che in altre specie dello stesso genere.
I maschi possiedono una coda lunga, robusta e grossa alla base. L'astuccio corneo è ben sviluppato. La coda della femmina è invece piccola e corta, l'apice corneo presente ma non così evidente.
La distanza dell'apertura cloacale dalla base della coda è maggiore nel maschio.
I maschi adulti presentano una concavità nel piastrone che tende ad accentuarsi con l'età; il piastrone delle femmine e dei giovani è invece piatto.
L'angolo formato dagli scuti anali del piastrone è molto maggiore nel maschio; l'altezza degli stessi scuti è però maggiore nella femmina.
Osservando la parte posteriore del piastrone di un maschio, si può notare che lo scuto sopracaudale è incurvato verso il basso. Nella femmina è "in linea" col resto del carapace.
I maschi sono di taglia inferiore rispetto alle femmine adulte della stessa sottospecie.

Le caratteristiche elencate riflettono le diverse necessità che maschio e femmina si trovano a dover affrontare nel rispettivo ruolo riproduttivo. Per esempio, la maggiore apertura degli scuti anali del piatrone garantisce al maschio una maggiore mobilità della coda durante l'accoppiamento, la concavità facilita monta, la rientranza dello scuto sopracaudale del carapace lo mette al riparo da possibili aggressioni di altri maschi e aiuta il mantenimento della posizione quasi verticale durante l'accoppiamento.
Tutti i caratteri considerati si rendono tanto più evidenti quanto più l'esemplare in oggetto si avvicina alla maturità sessuale (in cattività, 4-6 anni per i maschi, 6-9 anni per le femmine); piccoli di 1-2 anni possono essere sessualmente indistinguibili se non ad un occhio molto esperto o attraverso la comparazione con numerosi esemplari.

MANTENIMENTO IN CATTIVITA'
Anche questa specie, come le altre appartenenti al genere Testudo, necessita di ampi spazi all'aperto e di un ricovero invernale, all'esterno o all'interno, nel quale trascorrere i mesi più freddi. Particolare attenzione verrà prestata all'allestimento di recinti "a prova di fuga", in quanto questi animali si sono dimostrati in molte occasione degli evasori insospettabilmente abili.
L'esposizione ideale dovrebbe permettere alle tartarughe di beneficiare dei raggi diretti del sole perlomeno nella prima metà della giornata; le ore mattutine sono infatti quotidianamente impiegate alla termoregolazione, vale a dire al raggiungimento della temperatura corporea ideale. Il loro metabolismo viene così velocizzato e dopo questo "bagno di sole" gli animali cominciano la ricerca dell'alimento: con una temperatura corporea di circa 30°C gli enzimi digestivi vengono completamente attivati.
Le ore più calde della giornata vengono trascorse all'ombra; questi animali infatti mal sopportano l'eccesso di calore e, se da una parte l'esposizione ai raggi del sole è certamente essenziale per permettere la termoregolazione e il fissaggio del calcio nelle ossa, dall'altra l'impossibilità di godere di un riparo adeguato può portare rapidamente alla morte per surriscaldamento.
L'occupazione di habitat semiaridi da parte della specie in condizioni selvatiche, impone un'attenzione particolare nell'evitare l'allevamento in microclimi eccessivamente umidi, ciò che potrebbe provocare problemi respiratori e favorire l'insorgenza di patologie come raffreddori o polmoniti. Soprattutto al Nord è il caso di costruire dei ripari all'asciutto. D'altra parte un certo grado di umidità ambientale è necessario soprattutto per i neonati durante i primi mesi di vita, quindi l'ideale sarebbe disporre di un'ampia varietà di ambienti fra i quali possano scegliere.

LETARGO
L'entrata nella fase di riposo invernale corrisponde ad un rallentamento di tutta l'attività metabolica. Si tratta quindi di un momento particolarmente delicato durante il quale avvengono delle importanti modificazioni fisiologiche, motivo per cui in cattività è necessario prepararlo con il massimo riguardo alle esigenze di questi animali.
Ciò nonostante sosteniamo che l'allarmismo col quale viene normalmente affrontato il tema "letargo", sentito soprattutto nel caso dei giovani esemplari, sia totalmente ingiustificato; si tratta infatti di un evento assolutamente normale e fisiologico, ed eventuali decessi sono da attribuire per la massima parte a nostri errori di allevamento.
Le cifre che vengono spesso propinate come effetto della "selezione naturale" che opererebbe per mano della latenza, secondo taluni vicine al 50% di sopravvivenza al primo anno di letargo, sono del tutto esagerate e prive di obiettività relativamente alle ragioni che vengono addotte, e con tutta probabilità sono la somma di una serie di fattori fra i quali il letargo in sé non ne rappresenta che una minima percentuale.
Partiamo dal ragionevole presupposto che non esista alcun motivo per cui un esemplare in condizioni normali di salute non dovrebbe superare quei 4-5 mesi di letargo che costituiscono un evento assolutamente normale nella sua vita, e per affrontare il quale ha evoluto, in quanto specie, adattamenti più che adeguati. Miriamo piuttosto ad individuare le cause che nelle condizioni anormali imposte dalla cattività possono di fatto portare ai decessi.

Primo fattore importante è la temperatura. Il luogo di svernamento, sia esso all'aperto o al chiuso, deve mantenersi preferibilmente attorno ai 5°C, evitando con attenzione che la colonnina di mercurio scenda al di sotto dei 2° (la temperatura va calcolata laddove si trova l'animale, quindi sottoterra se è interrato). D'altra parte anche temperature eccessivamente elevate, per esempio quelle vicine o sopra i 10°, possono determinare qualche problema dovuto ad un mantenimento troppo elevato dei tassi metabolici, cui segue un consumo eccessivamente rapido delle riserve accumulate durante la bella stagione. Questa circostanza è tanto più pericolosa quanto più giovani sono le tartarughe.

L'umidità del substrato nel quale si trova l'animale durante la latenza è altrettanto importante in quanto, purché moderata, aiuta a limitare fortemente la disidratazione. Anche in questo caso le più esposte sono le giovani tartarughe, dato che soffrono maggiormente degli esemplari adulti per un'eccessiva siccità.

E' importante che tutte le tartarughe vadano in letargo con lo stomaco e l'intestino vuoti; questo serve ad evitare che il cibo non digerito possa fermentare o putrefare all'interno dell'animale. In condizioni normali l'assunzione dell'alimento viene istintivamente ridotta con avvicinarsi della brutta stagione e del freddo. Pertanto è senz'altro sconsigliabile l'abitudine di ritirarle in casa per ripararle dal freddo notturno, per poi rimetterle all'aperto di giorno: ciò può indurre negli animali un disorientamento tale da renderli incapaci di regolarsi adeguatamente in preparazione del letargo.

E' utile far bere le nostre tartarughe prima che si addormentino definitivamente: in questo modo, esse conserveranno una riserva di liquidi nella vescica dalla quale poter attingere in caso di bisogno.

Visite periodiche sono consigliate al fine di rilevare in tempo qualsiasi problema. E' possibile anche procedere al peso dell'animale, che non dovrebbe perdere più dell'1% del proprio peso per ogni mese di letargo; se il dato rilevato sul nostro esemplare fosse significativamente superiore, ciò potrebbe essere la spia di una situazione anomala ed in questo caso sarebbe quindi consigliabile interrompere la latenza portandolo in un locale riscaldato.

Gli animali malati o denutriti e in generale tutti quelli che non hanno recuperato il loro peso entro il mese di agosto non vanno fatti ibernare. Qualsiasi situazione anomala o patologica tende inevitabilmente a degenerare durante il riposo invernale.

Anche i piccoli nati alla fine dell'estate in genere possono tranquillamente sopportare i 4 mesi di letargo. Tuttavia può essere consigliabile ridurne la durata limitatamente a questo primo anno, specie se si tratta di tartarughine nate solo da pochi giorni o poche settimane: un paio di mesi possono essere in questi casi sufficienti.

ALIMENTAZIONE IN NATURA
Contrariamente a quanto si credeva fino a pochi anni fa, Testudo hermanni è una specie quasi esclusivamente vegetariana e le poche ricerche compiute sulle preferenze dietetiche di esemplari allo stato selvatico rafforzano questa conclusione. Le essenze erbacee consumate regolarmente dalle testuggini spaziano attraverso diverse famiglie, in particolare le ompositae, Leguminosae, Ranuncolaceae, Rubiaceae, Graminaceae. Esempio di piante molto comuni e bilanciate dal punto di vista nutritivo sono il tarassaco, la piantaggine e l'erba medica.
Frutti e bacche costituiscono una minima parte della loro dieta (non più del 10%), quindi si consiglia anche in cattività di non eccedere nel proporli.
Ancora controversa è l'ipotesi relativa ad un consumo deliberato di artropodi, in particolare anellidi, gasteropodi e insetti. L'analisi fecale effettuata in habitat ha peraltro evidenziato l'assenza di elementi a sostegno di questa ipotesi, sottolineando così il carattere saltuario di un eventuale consumo (cfr. Highfield) .
Non è peraltro mai stato osservato in natura un comportamento attivo nel ricercare queste fonti di proteine animali. Si ritiene quindi che in natura le testuggini ingeriscano alimenti con un rapporto Calcio-Fosforo pari a 4-8:1 e che un limite massimo per la regolare assunzione di proteine animali sia il 7%.

DISORDINI DIETETICI IN CATTIVITA'
Diversamente Testudo hermanni si dimostra, in cattività, un animale fortemente opportunista e poco specializzato dal punto di vista alimentare, arrivando ad accettare tutto quanto di commestibile le viene offerto.
L'abitudine ad assecondare questa tendenza porta a gravissime conseguenze per la loro salute: gran parte dei decessi occorsi in esemplari detenuti presso privati o giardini zoologici possono essere attribuiti ad un regime alimentare inadeguato, come hanno dimostrato alcuni studi effettuati in Inghilterra (rilevati da Rosskopf, 1981). La regolare somministrazione di elevati tenori di proteine animali causa sforzo renale, danni epatici, deformazioni alla corazza e può portare nel giro di alcuni anni al decesso.
Le gravi deformazioni alla corazza osservabili in alcuni esemplari nati in cattività, sono anch'esse collegate a disordini alimentari, ed in particolare all'interferenza di alcuni alimenti con l'assimilazione del calcio:
- il cavolo, gli spinaci e la barbabietola (fam. Chenopodiaceae, Brassicaceae) contengono elevati livelli di acido ossalico che inibisce direttamente il fissaggio del calcio nelle ossa;
- la carne e i prodotti di origine animale possiedono un rapporto Calcio/fosforo fortemente sbilanciato a sfavore del calcio, ciò diminuisce la portata del calcio disponibile;
- fagioli e piselli, pur essendo verdure, sono molto alti in proteine e quindi l'utilizzo regolare nella dieta è sconsigliato;
- alimenti ad alto contenuto di carboidrati, come il pane, la pasta e frutta promuovono una crescita eccessivamente rapida esponendo gli animali a problemi di salute anche gravi;
- il latte e il formaggio sono due autentici veleni per le tartarughe: poiché non possiedono gli enzimi per digerirli, essi fermentano al loro interno.

Tutti gli alimenti sopra elencati andrebbero eliminati dalla dieta in cattività.
I giovani di Testudo hermanni sembrano particolarmente portati a soffrire dei sintomi della Malattia ossea metabolica (MOM), dovuta a carenza di calcio nella dieta o alla mancata esposizione ai raggi del sole (raggi uv-b) e, da alcune osservazioni, sembra più di Testudo marginata e Testudo graeca graeca.
E' quindi consigliabile l'utilizzo per gli animali in crescita di un supplemento dietetico di carbonato di calcio da spargere sul cibo anche su base quotidiana.

RIPRODUZIONE
Il periodo riproduttivo di Testudo hermanni è esteso a tutti i mesi di attività, e ciò significa da marzo alla fine di ottobre secondo le condizioni climatiche.
Gli accoppiamenti si susseguono dalla primavera all'autunno, con un calo durante i mesi estivi più caldi; i maschi inseguono le femmine e le insidiano con morsi alle zampe anteriori, posteriori e sul capo.
L'accoppiamento vero e proprio è preceduto da una stimolazione della regione cloacale della femmina che i maschi effettuano grazie allo sperone corneo presente sulla punta della loro coda. Questa pratica, che se continuata nel tempo può fra l'altro provocare lesioni ai danni della femmina nei pressi della coda, è
accompagnata da suoni emessi per rapida emissione di aria dai polmoni.
Data la natura poco delicata di questi approcci, si consiglia di ridurre al minimo indispensabile i contatti fra maschi e femmine, o di mantenere un rapporto numerico fra i due sessi fortemente sbilanciato a favore delle femmine.
Eventuali accoppiamenti avvenuti alla fine dell'estate sono validi per la fecondazione delle uova dell'anno successivo. Le femmine sono infatti in grado di trattenere lo sperma e di fecondare le uova successivamente deposte anche per quattro anni dopo l'ultimo contatto con un maschio.
L'entrata nel periodo dedicato alla ricerca del posto più adatto allo scavo del "nido" viene avvertito da parte della femmina manifestando una particolare irrequietezza che si traduce in una frenetica attività quotidiana, nel corso della quale può essere osservata passare e ripassare accanto ad un fazzoletto di terra "candidato" e talvolta iniziare lo scavo di più buche senza portarne a termine nessuna.
Le uova vengono infine deposte in buche scavate nel terreno con le zampe posteriori, e il numero delle stesse può variare a seconda delle dimensioni della femmina. Il numero delle deposizioni è di una-quattro all'anno e si susseguono a distanza di 15-30 giorni l'una dall'altra. La media per T.h.hermanni sembra essere più vicina a due, per T.h.boettgeri a tre.
L'incubazione richiede da 50 a 90 giorni, in alcuni casi anche fino a 120; i tempi più brevi si sono registrati in incubatrici con temperatura costante di 32 gradi circa. Come noto, la temperatura di incubazione influenza il sesso del nascituro. Per Testudo hermanni si considerano i 32.5°costanti la soglia al di sopra della quale (ma non oltre i 33°!!) nasceranno solo femmine.
E' possibile osservare lo sviluppo dell'embrione attraverso il guscio dell'uovo, preoccupandosi di creare attorno una sorta di camera oscura: già dopo due-tre giorni dalla deposizione è possibile individuare nella parte superiore dell'uovo fecondato un macchietta circolare di colore grigio: è il "disco embrionale" (o discoblastula) che galleggia sul tuorlo e che con le sue segmentazioni cellulari porterà alla formazione dell'embrione vero e proprio e alle membrane che lo circondano.
La manipolazione delle uova deve essere il più possibile delicata per evitare danni all'embrione in sviluppo, in particolare deve essere mantenuta la posizione nella quale le uova erano state deposte (cioè non devono essere ruotate). In natura può accadere che uova deposte tardivamente portino alla schiusa del piccolo l'anno successivo: in questi casi l'embrione già formato sverna all'interno dell'uovo.
Dopo la schiusa, che può richiedere da poche ore a 3-4 giorni, i piccoli si trovano a dover superare uno strato di terra spesso 6-10 cm e a questa operazione possono dedicare alcuni dei loro primi giorni di vita.
Le riserve del sacco vitellino, che nel frattempo si sarà completamente assorbito, provvedono a nutrire i neonati durante questi i primi giorni.
I piccoli sbucano dal terreno: sebbene catapultati in questa "nuova dimensione" a loro totalmente sconosciuta, essi sono mirabilmente forniti di tutte le "informazioni" necessarie per far fronte ai loro bisogni.

Autore: Gionata Stancher
 
Pubblicato in Tartarughe terrestri
Sabato, 26 Aprile 2014 14:21

Testudo ibera - tassonomia

Testudo ibera - tassonomia

Specie Terrestri

Testudo ibera venne descritta da Pallas nel 1814. L'epiteto "ibera" si riferisce alla sua provenienza geografica, la regione caucasica: l'Iberia, infatti, corrispondeva nell'antichità alla regione caucasica, non alla Penisola Iberica dei giorni nostri. L'interpretazione tassonomica di questa tartaruga, e di tutte quelle appartenenti al gruppo di T. graeca, subì numerose modifiche nel corso del tempo, e soprattutto negli ultimi anni. Tutto iniziò nel 1946, quando Mertens riunì le varie testuggini del mediterraneo orientale e dell'Asia minore che erano state descritte fino ad allora e contraddistinte dalla presenza di uno sperone alle zampe posteriori, in una sola specie, T. graeca, differenziando alcune forme a livello sottospecifico. Testudo graeca L. è la testuggine dell'Africa occidentale, che con la sua forma tipica, T. graeca graeca, è presente in Algeria nordoccidentale e Marocco nordorientale. La nostra tartaruga divenne quindi Testudo graeca ssp. ibera e con questo nome essa fu da allora comunemente diffusa e riconosciuta tra allevatori ed amatori. Generalmente, anzi, vennero indicati con questo nome non solo gli esemplari provenienti dal Caucaso, ma anche – e più comunemente, vista la maggiore facilità di accesso agli ambienti naturali – quelli dell'Anatolia.

Nel corso degli ultimi due decenni le metodologie di indagine tassonomica e, di conseguenza, le classificazioni proposte hanno subito una vera rivoluzione. Ciò dipende sia da un differente approccio concettuale, in quanto si tende a prediligere una classificazione strettamente filogenetica, che rappresenti con precisione i rapporti di parentela tra le varie forme, sia dall'utilizzo di metodiche fondate non soltanto sull'analisi delle variazioni morfologiche ma su studi di biologia molecolare, basati su caratteri genetici. Le nostre tartarughe non sono certo esenti da queste nuove indagini, ed è così che le interpretazioni delle varie specie e sottospecie del genere Testudo hanno subito una nutrita serie di cambiamenti. E certamente l'ultima parola non è stata ancora detta!

Come abbiamo accennato sopra, per una quarantina di anni le impostazioni di Mertens e successivamente di Wermuth & Mertens (1961) furono ampiamente accettate da tutti gli studiosi e allevatori di testuggini: si riconosceva quindi una sola specie, T. graeca, composta da un certo numero di sottospecie: T. g. graeca Linnaeus 1758, T. g. ibera Pallas 1814, T. g. terrestris Forsskål 1775, T. g. zarudnyi Nikolsky 1896, eccetera.

Fu Highfield (1990) a sostenere che le forme dell'Asia minore erano troppo differenti rispetto a quelle nordafricane per mantenere questa classificazione. L'autore propose quindi di separare T. ibera e gli altri due taxa medio orientali T. terrestris e T. zarudnyi rispetto a T. graeca. Gli argomenti portati a sostegno di questa classificazione sono assolutamente fondati e difficilmente contestabili, e sottolineano come le tre specie medio orientali siano imparentate tra loro e molto ben distinte dalle popolazioni nordafricane riferite a T. graeca. Nel concetto di questo autore T. ibera è il nome attribuito alle popolazioni di Grecia, Turchia e regione caucasica.

Da questo momento le variazioni nomenclaturali e tassonomiche si susseguono senza sosta, spesso accompagnate da descrizioni di nuove specie. E' inutile, in questa sede, ricordare tutti i lavori comparsi, e ci limitiamo a citare la revisione delle popolazioni appartenenti al gruppo di T. graeca proposta in un convegno tenutosi nel 2001 e pubblicato sulla rivista Chelonii (Chelonii, 3. Proceedings of the international congress on Testudo genus. March 7-10, 2001), in cui contributi ad opera di specialisti del genere Testudo riesaminano tassonomia e nomenclatura di tutte le numerose forme appartenenti al variabilissimo gruppo. Ciascun autore prende in esame una determinata zona geografica, cosicché, grazie agli studi dettagliatissimi degli esemplari in natura e di quelli conservati nei Musei, basati su una attenta disamina morfologica e su nutrita serie di misurazioni, probabilmente mai effettuata prima, si ridiscute l'inquadramento che deve essere attribuito alle varie forme, fornendone il nome corretto anche dal punto di vista nomenclaturale. Molto
interessate, in questo ambito, è uno studio filogenetico condotto da Perälä (2001), che evidenzia i rapporti di parentela tra le varie forme. Secondo questo approccio, il gruppo di T. graeca deve essere scomposto in numerose singole specie. Varie popolazioni dell'Asia minore sono così escluse da T. ibera, per essere inquadrate in specie a sé, a distribuzione solitamente abbastanza ristretta. Il nome di Testudo ibera verrebbe ad essere assegnato unicamente alle popolazioni del Caucaso meridionale (Georgia: Tbilisi e Azerbaijan), che comprendono la località da cui provenivano gli esemplari su cui fu basata la descrizione di ibera da Pallas. Non tutti gli autori paiono concordi: ad esempio, secondo un approccio più "classico" sarebbero riferibili a T. ibera anche le tartarughe presenti in buona parte dell'Anatolia, con eccezione di alcune zone marginali in cui sono presenti taxa distinti e localizzati (Pieh & al., 2001, fig. 1); al contrario, Vetter (2002) asserisce che gli animali anatolici non apparterrebbero a T. ibera, ma bensì ad alcune specie distinte non ancora descritte.

Come si vede, le nuove interpretazioni restano ampiamente discusse tra gli studiosi, in quanto alcuni autori prediligono un approccio che dà molto valore alle piccole differenze e considera pertanto ciascuna popolazione sufficientemente isolata geograficamente e/o geneticamente alla stregua di una specie a sé stante, mantenendo uno strettissimo rigore nell'applicazione di concetti teorici di classificazione. A questi concetti si contrappongono altri autori che danno interpretazioni se vogliamo più "tradizionali", mantenendo concetti più ampi ed inserendo le varie popolazioni in una sola specie, dai confini morfologici molto ampi, composta da un certo numero di sottospecie. In un caso avremo quindi molte "microspecie", appartenenti al "gruppo graeca", nel secondo caso invece avremo la sola Testudo graeca, con numerose sottospecie. Su questa linea si pone il citato lavoro di Pieh & al. (2001) che preferisce continuare a mantenere l'uso dell'inquadramento sottospecifico all'interno di T. graeca per la maggior parte delle popolazioni.

Fondamentalmente, i due sistemi sono in parte equivalenti, varia soltanto la dimensione della categoria "specie", più piccola, e forse più precisa nella descrizione delle parentele filogenetiche tra le varie entità, secondo i seguaci del metodo filogenetico di Perälä, oppure più grande e comprendente tutte le forme derivate dagli antenati comuni per chi predilige un approccio più tradizionale.
In realtà, pare senz'altro preferibile che T. ibera sia considerata specie a sé, e non sia più definita come sottospecie di T. graeca; troppi sono infatti i caratteri differenziali tra T. graeca e T. ibera. Differente è il discorso relativo a tutte le forme che si individuano nell'ampio areale colonizzato dal complesso di T. ibera, ciascuno dei quali può essere interpretato come specie a sé oppure inserito entro T. ibera. Sulla base dei dati ottenuti dall'analisi filogenetica, proposta da Perälä (2001), T. ibera parrebbe essere alla base, in un tentativo di ricostruzione delle linee evolutive del genere, di tutto il gruppo di specie del gruppo di T. graeca; si separerebbero poi due gruppi, uno comprendente le specie nord-africane, tra le quali la vera T. graeca ed uno comprendente quelle del mediterraneo orientale, Anatolia e Medio Oriente; la specie più evoluta di questo gruppo sarebbe T. marginata.

C'è ancora da aggiungere, al di là delle classificazioni, che la maggior parte degli animali che alleviamo sono di provenienza sconosciuta, e che molto spesso quelle nate in allevamento derivano da incroci tra genitori di origine geografica conosciuta, spesso differente, e non corrispondono quindi più alle popolazioni naturali. Risulta quindi molto complesso, praticamente impossibile, riferire ad una delle microspecie" recentemente descritte i nostri esemplari. Per tale motivo, potremo "permetterci" di utilizzare le nuove interpretazioni tassonomiche per dare un nome a qualche esemplare che possiamo incontrare nel corso di un viaggio nelle regioni di origine delle tartarughe, mentre è consigliabile limitasi a definire come T. ibera gli esemplari riferibili alle forme dell'Anatolia e vicino oriente che alleviamo se non siamo in grado di stabilire il loro "pedigree".

In considerazione del fatto che molte popolazioni sono più o meno fortemente minacciate in natura, e che i progetti di riproduzione in cattività hanno fondamentale importanza per la salvaguardia delle popolazioni in pericolo, quando conosciamo la zona di origine degli esemplari sarebbe sempre opportuno evitare accoppiamenti tra esemplari di distinta origine, in modo da mantenere l'identità genetica dei singoli taxa, siano essi interpretati come sottospecie geografiche o specie a sé stanti.

Bibliografia
Highfield A. C. 1990. Tortoises of North Africa: taxonomy, nomenclature, phylogeny and evolution, with notes on field studies in Tunisia. Journal of Chelonian Herpethology 1 (2): 1-56.

Mertens R. 1946. Über einige mediterrane Schildkröten-Rassen. Senckenbergiana 27 (1): 111-118.

Perälä J. 2001. Mophological variation among middle eastern Testudo graeca L., 1758 (sensu lato), with a focus on taxonomy. Chelonii, 3: 78-93.

Pieh A., Taskavak E. & Reimann M. 2001. Remarks on the variability of the spur-thighed tortoise (Testudo graeca) in Turkey. Chelonii, 3: 67-69.

Vetter H. 2002. Terralog: Turtles of the World. Vol. 1. Africa, Europe and Western Asia. Chimaira, Frankfurt am Main. 96 pp.

Wermuth H. & Mertens R. 1961. Schildkröten, Crocodylia, Rhynchocephalia – Das Tierreich. Berlin, 100: i-xxvii + 174 pp.

Autore: Massimo Meregalli
 
Pubblicato in Tartarughe terrestri
Sabato, 26 Aprile 2014 14:12

Testudo ibera

Testudo ibera

Testuggine greca o testuggine moresca

Specie Terrestri

Pallas 1814

CLASSIFICAZIONE
Ordine = TESTUDINES
Sottordine = CRYPTODIRA
Famiglia = TESTUDINIDAE
Genere = TESTUDO
Specie = IBERA

STATUS GIURIDICO
Inclusa in App.II CITES, Allegato A
Sono state e sono tra le tartarughe più comuni in cattività in Italia per il forte commercio che è durato fino agli inizi degli anni 90 del secolo appena trascorso. Sono comunissime tra gli appassionati di ogni livello e di tutte le zone d'Italia per la prolificità e la facilità di adattamento sorprendenti.

DISTRIBUZIONE
E' la sola specie di "greca" che viva veramente in Grecia (nord est ), vive in Bulgaria, Georgia, medio oriente (le popolazioni di queste zone sono diverse della specie in oggetto ed è dubbio il loro stato tassonomico) e Turchia (molte popolazioni sono state classificate in nuove sottospecie).
La variabilità morfologica dei vari esemplari è immensa, forse è la più grande nel genere Testudo: esemplari enormi e scuri in Anatolia, animali piccoli e gialli in Palestina ed Israele, individui simili a quelli nordafricani in Turchia meridionale e Siria.
Molte volte dai vari collezionisti si notano delle mescolanze paurose di varie specie e sottospecie nei recinti un po' perché effettivamente non si conosce l'origine dei propri animali ed un po' per incuria, molti pensano che non vale la pena sforzarsi molto tanto " sono tutte Testudo greca".
Le peggiori cose accadono quando qualche "tartarugologo" pur non conoscendo la provenienza delle proprie bestie, attribuisce l'origine e la sottospecie basandosi con qualche fotografia o illustrazione di questo o quel libro (alcuni libri italiani poi sono copie di pubblicazioni straniere o traduzioni da vari siti web).
Mi duole dire che molti allevatori non riconoscono la T. graeca graeca dalle T. ibera (o meglio visto che lo status tassonomico di T. graeca graeca è ancora più ostico bisognerebbe dire che molti allevatori non riconoscono le T. graeca nordafricane dalle T. graeca europee.
Fino a quando non verranno effettuate delle analisi genetiche e delle mappature molecolari la questione tassonomica resterà sempre una materia senza basi solide, pronta ad essere rimaneggiata dal primo ricercatore in cerca di fama.
Molti passi avanti sono stati fatti, oggi si cominciano ad utilizzare tali strumenti sia per le piante coltivate o selvatiche che per gli animali domestici od in via di estinzione, tutto ciò metterà fine ai dubbi ed alle diatribe che aleggiano nel mondo dei tassonomisti sia a livello dilettantistico che a livello scientifico.

HABITAT
Gli ambienti frequentati dalla T. ibera sono i più svariati e vanno dagli altopiani ad oltre 1500 metri della Turchia e dell'Iran, alla Gariga e dune sabbiose della Grecia (Salonicco) fino al pre-deserto Israeliano e Palestinese.
E' una specie che ritroviamo convivere con Testudo boettgeri in Grecia, Turchia e Bulgaria, con Testudo horsfieldii nelle steppe del Kazakisthan e con Testudo kleinmanni in Israele.
Naturalmente alcune di queste popolazioni di T. ibera, con una attenta analisi, verranno passate in nuove specie o sottospecie.
E' un animale adattabilissimo e frugale proprio in virtù della sua plasticità e ciò ne fa la specie più facile da allevare per i principianti.
Un Habitat di base deve prevedere (specie in ambienti umidi) sempre una collinetta alta 40- 50 cm formata da sabbia o terreno che non trattenga acqua per consentire all'animale di scegliere una zona più asciutta in cui ci sia poca erba.
Si consideri che in Grecia e Turchia il terreno sul mare dove vivono le T. ibera è quasi privo d'erba ma è coperto con cisto, lentisco, ginepri, corbezzoli ed altre essenze, il che consente alle tartarughe di avere l'ombra ma non l'umidità eccessiva.
In Bulgaria la Testudo ibera si ritrova sempre nelle macchie esposte a sud e fa delle capatine nei campi coltivati per mangiare nei medicai e nei pascoli degli animali domestici.

CARATTERISTICHE COMPORTAMENTALI
La Testudo ibera è la testuggine mediterranea più attiva essendo capace di prodezze strabilianti.
Può pattugliare indefessamente il recinto o giardino per cercare del cibo, una compagna o una via di fuga.
E' una delle poche specie terrestri mediterranee che sembra stabilire con più facilità un rapporto confidenziale con gli esseri umani arrivando a seguire le persone per richiedere cibo od in casi estremi a mordicchiarne i piedi (specie in piena estate), la T. graeca graeca è l'esatto contrario.
Sembra inoltre la specie con la più spiccata predilezione per le proteine o per cibi inusuali per una tartaruga (chiocciole, crocchette, larve ecc.), esibisce una vasto range di preferenze alimentari.
Nel periodo degli amori che cade da fine Marzo a metà Maggio alcuni maschi in fregola possono letteralmente trottare dietro una femmina ed arrivare a violenze efferate (morsi, colpi di guscio) per accoppiarsi con esse.
A mio parere sono tra le più "sveglie" di tutto il genere Testudo.
Per queste ragioni consiglio di tenere separati i sessi per non far stressare eccessivamente la femmina e di riunire le coppie qualche ora ogni 2-3 giorni per consentire il corteggiamento e la copula, resta implicito il divieto di alloggiare due maschi insieme perché, grazie alla loro spinta territorialità, prima se le darebbero di santa ragione (molto pericoloso) e poi si stabilirebbe un maschio dominante ed un perdente.
Quest'ultimo condurrà una vita d'inferno in quanto si alimenterà meno, verrà scacciato dagli angoli preferiti e, cosa più grave, perderà l'stinto di accoppiarsi completamente perché in natura l'accoppiamento spetta al vincitore della contesa.
Se si ha un maschio in queste deprecabili condizioni non resta che costruirgli un recinto tutto suo e mantenerlo isolato (i maschi di molte specie animali quando vengono isolati in un proprio territorio divengono dei maschi dominanti) per riguadagnarlo ad una vita riproduttiva.
Per le femmine non ci sono grossi problemi e possono essere mantenute in piccoli gruppi senza problemi, si noterà una certa aggressività e tentativi di accoppiamenti" con altre femmine quando è il momento di deporre le uova e l'animale cerca un posto tranquillo per scavare, tale bizzarro comportamento è provocato da montate
ormonali che tempestano il rettile.
In genere, una volta deposte le uova lo strano fenomeno sparisce.

CARATTERISTICHE FISICHE
Possiede le due solite verruche ai lati della base della coda, assenza di indurimento corneo sulla parte terminale della coda, il carapace non è mai molto alto ma è piuttosto appiattito (più piatto delle nordafricane) con colori quasi mai troppo netti e brillanti ma molto sfumati con tendenza a tonalità marroncine.
La testa è di colore bruno senza chiazze di altro colore, dall'aspetto "bulboso"o a pera (una nordafricana ha i profili del capo più netti e definiti).

IMPORTANTE:
1. - La prima placca vertebrale di una T. ibera ha dei contorni più diritti e ben angolati di una nordafricana che li ha smussati e tondeggianti;
2. - La sutura delle placche femorali ed addominali (sul piastrone) è quasi rettilinea in T. ibera mentre si estende anteriormente in T.graeca;
3. - Le dimensioni possono andare dai 18 cm ai 35 cm a seconda delle zone di provenienza e dall' alimentazione fornita;
4. - Non sono rari i casi di esemplari anziani completamente neri.

DIMORFISMO SESSUALE
I maschi sono più piccoli delle femmine e la loro coda risulta più lunga e grossa alla base. Ho visto dei maschi di T. ibera turchi grandi non più di 14 cm, neri e con carapace molto allungato.
In Grecia ho visto maschi tondeggianti grandi 2/3 rispetto alla femmina sia marrone chiaro che quasi neri, se non li avessi visti nello stesso posto avrei detto che appartenevano a due sottospecie diverse e distinte di Testudo graeca.

MANTENIMENTO IN CATTIVITA'
I migliori risultati si hanno in un giardino all'aperto tutto l'anno in quasi tutte le zone d'Italia ad esclusione di quelle di alta montagna o troppo umide.
E' bene avere un substrato variabile tra le zone sabbiose ed asciutte e quelle più argillose ed umide affinché l'animale si possa scegliere, a seconda del tempo e della stagione, ciò che più gli aggrada.
Non consiglio l'allevamento in terrario perché sono rettili molto attivi che soffrirebbero una reclusione prolungata e distruggerebbero il luogo di detenzione.

ALIMENTAZIONE
Sono animali erbivori ma molto opportunisti (almeno le mie), si lasciano tentare anche dagli escrementi di altri erbivori o addirittura del cane, impazziscono per la lattuga ma non dategliene molta perché ha un rapporto calcio/fosforo sfavorevole al primo.
Se sono in grado di pascolare in un prato lasciate fare alla natura e non avrete problemi se dovete fornire voi l'alimento evitate formaggio, pasta, carne, crocchette per cani, gatti, pesci ed anche le crocchette per testuggini terrestri che sono una vergognosa truffa, piuttosto fornite la cicoria selvatica, il tarassaco, il Sonchus sp., il
radicchio, la borragine, la cicoria catalogna, fiori di rosa, un po' di trifoglio o di erba medica, sulla, fiori di ibisco, pochissima rucola selvatica e pale di fico d'india sommariamente spinate (non preoccupatevi per le spine più piccole).
Mi rendo conto che queste erbe non sono facili per tutti da trovare e riconoscere. Se potete fornire una ciotola per bere sarebbe meglio!!

RIPRODUZIONE
I maschi non sono particolarmente violenti nei confronti delle femmine e degli altri maschi presenti.
Per la riproduzione è meglio allevare un solo maschio per due o tre femmine e se si hanno più maschi è bene separarli per evitare rivalità e successivi comportamenti di dominanza di un animale forte sugli altri più deboli.
Se fosse possibile separare i due sessi sarebbe meglio per due fondamentali motivi:
1. - maschi molto violenti e mordaci potrebbero seriamente ferire le pacifiche femmine;
2. - forte spinta riproduttiva causata dall'allontanamento del maschio;
Per una corretta riproduzione si cerchi sempre di accoppiare animali dello stesso paese di origine e nel caso di esemplari il cui pedigree è sconosciuto accoppiarle a quelle morfologicamente più prossime, se non ci fossero fenotipi simili scegliere il meno dissimile e tentare lo stesso sapendo che però la fertilità della nuova coppia scenderà parecchio.

LETARGO
Vanno fatte svernare in un posto asciutto e fresco tipo garage o cantina con una buona dose di foglie secche come substrato e delle scatole di legno robusto che le contengano.
Nel meridione della penisola lasciatele nei loro recinti e faranno tutto da sole! Attenzione alcuni soggetti (specie quelli della parte meridionale dell'areale di distribuzione) potrebbero, con i forti calori estivi, cercare di estivare interrandosi in un luogo fresco ed umido per qualche settimana. Sarebbe bene lasciarle in pace!!!!

NOTE
Cercate di non prendere esemplari prelevati in natura perché oltre ai danni che arrecate alla specie, sono stressati e soggetti alle malattie più disparate ed ai parassiti interni (Hexamita parva e vermi ).

Autore: Marco Rinaldi
 
Pubblicato in Tartarughe terrestri
Sabato, 26 Aprile 2014 14:10

Testudo graeca terrestris

Testudo graeca terrestris

Tartaruga greca dorata, Tartaruga della Mesopotamia

Specie Terrestri

Golden Greek Tortoise / Mesopotamian tortoise
Forskal 1775

CLASSIFICAZIONE
Ordine = TESTUDINES
Sottordine = CRYPTODIRA
Famiglia = TESTUDINIDAE
Genere = TESTUDO
Specie = TESTUDO GRAECA
SottoSpecie = TERRESTRIS

STATUS GIURIDICO
La Testudo graeca terrestris è compresa e protetta dalla convenzione di Washington (CITES) in appendice 2, entrata in vigore il 5 marzo 1998, comprendente le specie di fauna rigorosamente protette.

DISTRIBUZIONE
Giordania, Siria, Israele, Turchia del sud, Libano, parte sud orientale del Sinai.

HABITAT
La T. g. terrestris frequenta zone costiere pianeggianti e collinari caratterizzate da un ambiente roccioso e semidesertico, con presenza di rovi e cespugli, tipico della zona mediterranea del Medio Oriente.
Vivono in un clima caldo e secco, con percentuali di umidità intorno al 30-50%.
Limitatamente alle diverse stagioni del proprio habitat e all'escursione termica giorno-notte le T. g. terrestris possono tollerare abbastanza bene il freddo, ma non un tasso elevato di umidità.

CARATTERISTICHE COMPORTAMENTALI
In natura è attiva soprattutto durante i mesi di febbraio-marzo-aprile e di settembre-ottobre, nei mesi, cioè, in cui le temperature non sono né troppo elevate né troppo basse.
Gli inverni miti delle coste medio orientali ( dicembre e gennaio) le consentono di essere comunque attiva nelle ore centrali e più calde della giornata; mentre, nei mesi più caldi (giugno, luglio ed agosto) è attiva solo al mattino presto e a tarda sera, il resto della giornata lo trascorre insabbiandosi al riparo di qualche cespuglio.
E' una specie piuttosto timida e schiva, sempre alla ricerca di un riparo sotto il quale nascondersi.

CARATTERISTICHE FISICHE
E' una tartaruga di piccole dimensioni, la sua taglia da adulta è di circa 16 cm per i maschi e di 20 cm per le femmine. Il peso varia da 0,6 a 1,2 Kg.
Vi è la presenza, come in tutte le tartarughe Greche, dello scuto sopracaudale singolo, dei due speroni ai lati delle zampe posteriori, e dell'assenza dell'astuccio corneo all'estremità della coda (che caratterizza, invece, la specie T. hermanni).
Il carapace ha forma particolarmente bombata ed è privo del tipico ventaglio che contraddistingue le Greche.
La sua colorazione è giallo-dorata, spesso addirittura luminosa, quasi priva di qualsiasi marcatura scura.
Stessa cosa dicasi per la testa e per gli arti dove, in molti casi, la colorazione delle scaglie raggiunge tonalità color ambra.
Ciononostante si assiste alla presenza di un'ampia varietà di sfumature di colore del carapace a seconda della specifica zona di provenienza.
Si pensa che questi esemplari subiscano l'influenza dell'ambiente in cui vivono, anche in virtù di un più facile mimetismo.
Gli esemplari giordani sono più rosei, quasi rossastri, (come la sabbia del deserto in cui vivono), quelli siriani sono scuri, quasi neri (il terreno è in gran parte basaltico), quelli israeliani sono giallo-dorati (la sabbia della zona è decisamente giallo chiaro).
Sembra che questa varietà di colorazioni sia un qualcosa che va oltre la classica definizione di specie, è più un discorso di presenza o meno di melanina a seconda delle necessità, al fatto che in queste terre esistono molti ostacoli naturali che determinano l'isolamento di una popolazione da un'altra dando vita a leggere
differenze fisiche.
La piccola taglia permette una più veloce termoregolazione con l'ambiente circostante. Il colore chiaro permette di riflettere i raggi solari evitando il surriscaldamento. Anche gli esemplari scuri possono, almeno in parte, riflettere i raggi del sole grazie alla particolare brillantezza del carapace che funziona quasi come uno specchio.
Sono stati trovati esemplari con caratteristiche fisiche molto simili alle terrestris anche in Tunisia, Marocco, e Spagna. Si tratta, comunque, sempre di zone particolarmente calde e secche. Anche gli esemplari del sud della Turchia rientrano (per il momento) nelle terrestris a causa della loro piccola taglia e della loro colorazione gialla. Tuttavia va sottolineato che le caratteristiche strutturali di questi esemplari sono del tutto simili alla Testudo graeca ibera del nord della Turchia. In ogni caso sembrerebbe che non appartengano alla tipica definizione di Testudo graeca terrestris conosciuta.
Le varietà di colorazioni e di strutture pongono le basi per ricercare e stabilire l'esistenza di nuove sottospecie non ancora identificate e sempre sotto studio.

DIMORFISMO SESSUALE
Maschi di taglia più piccola delle femmine. Femmine con piastrone piatto, maschio concavo. Scuti anali che, nel maschio, sono più allungati e stretti, e formano un angolo molto più ampio che non nella femmina. Coda più grande e lunga nel maschio.

MANTENIMENTO IN CATTIVITA'
Specie non adatta per allevatori o amanti inesperti.
Tartaruga sensibile alle forti variazioni di temperatura presenti alle latitudini europee. Tollera brevi variazioni del tasso di umidità (30-50 %). E' molto delicata per quanto riguarda le malattie, soprattutto quando si tratta di animali giovani.
E' consigliato un recinto ben esposto al sole nella stagione estiva, con una zona d'ombra e una ciotola d'acqua.
Nel periodo invernale è necessario approntare un terrario riscaldato con temperature da 30 a 32° C di giorno ed intorno ai 18-20° C di notte. Le dimensioni minime devono essere di 60 X 90 cm di superficie per esemplari baby e di 120 X 60 cm per esemplari adulti di almeno 15 cm di lunghezza.
E' specie che non va in letargo ed è quindi necessario rifornire il terrario di illuminazione che dia raggi UVA e UVB onde poter permettere la sintetizzazione della vitamina D3 che è alla base della sopravvivenza di questi rettili.
Il terrario deve poter disporre anche di una zona a temperatura più bassa e di un rifugio buio, oltre alla ciotola d'acqua nella quale deve potersi immergere senza correre il rischio di affogare. In questo modo gli esemplari possono autotermoregolarsi.
E' consigliato fornire del carbonato di calcio sottoforma di polvere sopra gli alimenti, oppure sottoforma di pezzi di ossi di seppia o di gusci d'uova che verranno rosicchiati.

ALIMENTAZIONE
La terrestris è una specie erbivora.
In natura si ciba di quelle poche erbe e piante tipiche della costa del Mediterraneo, erbe robuste che sopravvivono al duro clima semidesertico.
Si disseta, invece, sfruttando la poca umidità dell'aria e quella derivante dall'escursione termica giorno-notte. Le piogge nelle zone interessate sono poche, ma la terrestris riesce, comunque, a sfruttarle al meglio.
In cattività, data l'elevata disponibilità di cibo, è bene somministrare svariati tipi di lattughe, tarassaco comune, trifoglio, cicoria, malva. Si ciba anche di frutta ma è bene fornirne solo in una percentuale minima (10 % circa), dato l'elevato grado nutrizionale che potrebbe danneggiare il metabolismo delicato della specie.
E' comunque necessario mettere a disposizione sempre dell'acqua.

RIPRODUZIONE
Durante il periodo dell'accoppiamento il maschio diviene più aggressivo, rincorrendo ed urtando violentemente il carapace della femmina, riservandole anche morsi a testa e zampe. Quando la femmina si ferma avviene l'accoppiamento.
I periodi preferiti sono quelli che vanno da aprile a giugno.
La femmina depone fino a tre covate annue da 5 a 10 uova l'una. Dopo un periodo che può variare da 75 a 90 giorni circa di incubazione vi è la nascita dei piccoli che pesano dagli 8 ai 15 g.

NOTE
Può essere facilmente confusa con la T. gr. floweri, proveniente dalla zona dell'Israele del sud ma è inappropriato identificarle come medesima sottospecie della T.graeca. In genere le floweri sono più piccole, con carapace più piatto, ossia meno a cupola, e presentano delle nitide marcature nere al centro di ogni scuto. La terrestris è, invece, molto più uniformemente chiara.
Alcuni la confondono anche con la T. gr. kleinmanni egiziana che si differenzia però dall'avere i bordi di ogni scuto marcatamente segnati di nero, il resto è anche qui tipicamente giallo.

Autore: Elvio Giordano
 
Pubblicato in Tartarughe terrestri
Sabato, 26 Aprile 2014 14:07

Testuggine greca armeniaca

Testuggine greca armeniaca

Specie Terrestri

Armenian tortoise
Chkhikvadze & Bakradze, 1991

CLASSIFICAZIONE
Ordine = TESTUDINES
Sottordine = CRYPTODIRA
Famiglia = TESTUDINIDAE
Genere = TESTUDO
Specie = TESTUDO GRAECA
SottoSpecie = TESTUDO GRAECA ARMENIACA

STATUS GIURIDICO
E' compresa nella Convenzione di Washington (CITES) in Appendice 2.

DISTRIBUZIONE
E' presente in un areale geografico tra Iran, Afghanistan e Turkmenistan che divide con Testudo greca ibera e con Testudo horsfieldi.
Si stima che l'abbondanza della specie in natura sia tra 0,2 ed 1 esemplare per chilometro quadrato.
Attualmente le aree naturalmente abitate da T. g. armeniaca si stanno riducendo sia in conseguenza dell'utilizzo del territorio da parte dell'uomo che per il prelievo a fini commerciali.

HABITAT
Il suo habitat tipico è nelle steppe aride, in pendici montane ricoperte da arbusti, in basse foreste ed anche campi coltivati e frutteti.

CARATTERISTICHE COMPORTAMENTALI
Durante la primavera l'attività giornaliera inizia generalmente alle 8,30-9,30, quando le testuggini emergono dai loro rifugi notturni. A seconda delle condizioni meteorologiche, trascorrono una o più ore riscaldandosi al sole, a volte appoggiandosi ad una roccia per sfruttare la migliore angolazione con i raggi solari; le zampe posteriori e la testa sono tipicamente estese completamente per aumentare l'area di esposizione al sole.
Molte testuggini durante questa attività non si allontanano più di qualche metro dal loro rifugio notturno.
Alle 10-10,30 le testuggini cominciano ad alimentarsi, attività che si protrae in modo discontinuo fino alle 19.
Nel pieno dell'estate, l'attività pomeridiana è molto ridotta. Alle 20 circa le testuggini cominciano a rientrare nelle tane ma nelle giornate più fresche la loro attività termina molto prima. La stessa tana non viene necessariamente utilizzata ogni notte dallo stesso individuo, le testuggini possono utilizzare qualsiasi rifugio esistente vicino alle zone di pascolo o se ne possono creare uno nuovo. Il letargo, a seconda delle condizioni climatiche, inizia ad Ottobre o Novembre, le testuggini si ibernano in buche tra le rocce o tra delle radici, utilizzando a volte lo stesso rifugio utilizzato durante l'estate.

CARATTERISTICHE FISICHE
Sottospecie piuttosto rara di Testudo graeca, si distingue principalmente dal colore grigio-verde oliva del carapace, simile a quello di Testudo horsfieldi; il carapace presenta generalmente una marcata convessità.
Le dimensioni medie sono 20-23 cm per le femmine e 18-20 cm per i maschi.

DIMORFISMO SESSUALE
Come in Testudo greca sp. I maschi raggiungono dimensioni minori rispetto alle femmine, hanno il piastrone più concavo e la coda è più lunga.

MANTENIMENTO IN CATTIVITA'
E' allevata in cattività in molti zoo e parchi oltre che presso allevatori privati, in particolare è presente nell'area protetta di Khosrov (Armenia).

ALIMENTAZIONE
Come per Testudo greca sp., necessita di una dieta ricca di fibre e calcio e povera di proteine per mantenere una corretta funzionalità digestiva ed una crescita equilibrata. Come per altre Testudo l'alimentazione con cibo per cani o gatti può portare alla morte per disfunzioni renali o digestive. La frutta deve essere fornita raramente perché contiene uno scarso livello di fibre ed è troppo ricca di zuccheri ed inoltre può causare diarrea.

RIPRODUZIONE
L'accoppiamento avviene tra Aprile e Maggio e , a partire da luglio, si hanno fino a 3 deposizioni con 2-8 uova ciascuna; mediamente ogni femmina depone 16-20 uova per estate.
Le nascite avvengono 2-3 mesi dalla deposizione, l'età riproduttiva verrà raggiunta dopo 11-13 anni dalla nascita.
I principali pericoli per le giovani tartarughe sono costituiti dagli uccelli predatori e dagli animali carnivori terrestri; non sono presenti competitori naturali o malattie epidermiche.

Autore: Massimiliano Martignani
 
Pubblicato in Tartarughe terrestri
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